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Torna Sequestro alla milanese

8 febbraio 2024 | cristina
Torna Sequestro alla milanese

Di quando Piero Colaprico esordì da romanziere anticipando la cronaca stessa. Ne parliamo a #PDESocialClub!

Fa un certo effetto rileggere Sequestro alla milanese, il romanzo che segnò l’esordio di Piero Colaprico nel lontano 1992 ora ripubblicato per la stessa sigla editoriale di allora, Baldini+Castoldi. Sono passati trent’anni, l’Italia è tutta cambiata, e con essa il mondo. In quello scorcio ultimo di ‘900 ci sono ancora i partiti storici, la DC e il PSI e pure il MSI. Il PCI, avanguardia delle masse, quindi più avanti, si è estinto l’anno prima, in anticipo persino sull’Unione Sovietica. In compenso esiste già la Lega Lombarda, da poco federata con la Lega Nord, mentre Silvio Berlusconi è ancora uno spregiudicato tycoon della giovane tv commerciale che sta tenendo a battesimo il suo TG5 in diretta nazionale sotto la direzione di un altrettanto giovane Enrico Mentana.

Nelle redazioni milanesi i giornalisti hanno sudato per i due anni precedenti sulle carte della mega inchiesta “Duomo Connection” imparando assieme ai loro lettori il nome del pubblico ministero Ilda Boccassini, che in coordinamento con Giovanni Falcone ha alzato la cortina sulle infiltrazioni mafiose: droga, certo, ma anche speculazione edilizia e rapporti con amministrazioni comunali dell’hinterland. Nella redazione milanese di Repubblica, a sudare su quelle carte senza trascurare la nera di tradizione – gangster, rapinatori e sequestratori – c’è anche il trentacinquenne Colaprico. Che scrive i suoi articoli, “batte i marciapiedi”, frequenta la questura e commissariati di zona, i baretti di periferia e i night del centro, magari pure lo sferisterio di via Palermo, o il trotto… parlando con tutti, magistrati e politici, poliziotti e banditi, zanza generici e mafiosi rampanti, colleghi di altre testate. Iniziando a farsi un’idea di quel che succederà nei prossimi mesi: la corruzione in Italia c’è sempre stata, probabilmente dai tempi degli Etruschi, ma l’intreccio che va pian piano prendendo forma nelle attenzioni dei magistrati inquirenti ha tutte le caratteristiche di un vero e proprio sistema. E quando il sistema verrà portato allo scoperto gli effetti saranno devastanti e definitivi per tutto il mondo politico italiano. Da Milano partirà la valanga di Mani Pulite che travolgerà carriere, vite, partiti, interi settori della società, cambiando per sempre l’Italia (o forse no?) e Piero Colaprico sarà in prima fila a investigare e raccontare, inventando en passant il termine Tangentopoli per definire la Milano della corruzione e del malaffare.

Questo per dire che quando Oreste del Buono spinge il giovane cronista Piero a cimentarsi con la scrittura di un romanzo (leggete l’introduzione che Colaprico ha messo in testa alla nuova edizione del Sequestro, vi farete una precisa idea di chi, di cosa fosse OdB), il prossimo esordiente ha tutto pronto per un thriller come non se ne erano mai visti nelle patrie lettere. Un thriller persino profetico. Che esce praticamente in contemporanea con l’avvio dell’inchiesta, le prime incriminazioni e i primi arresti.

Sia ben chiaro, Sequestro alla milanese non è un’inchiesta giornalistica “sceneggiata”, ma un vero e proprio romanzo. Non ci sono Mario Chiesa e Antonio Di Pietro con i nomi alterati. La vicenda narra di un sequestro di persona con conseguente richiesta di riscatto. Ma siccome il sequestrato è il figlio di un politico cittadino, anzi di quello che per tutti sarà il prossimo sindaco di Milano, quel sequestro appare da subito molto strano, e i miliardi non sembrano l’obiettivo principale. Insomma, chi vuol mettere fuori gioco il lanciatissimo Marino Malesci? È quel che da subito si chiede l’ex capitano dei Carabinieri Corrado Genito, un tempo infiltrato nella mala, poi coinvolto in storie di bische, e ora “consulente alla sicurezza”, qualunque cosa significhi, chiamato da Malesci perché gli riporti il figlio a casa.

Genito farà quel che deve, senza badare troppo alla forma e alla lettera della legge. In fondo, da fuoricasta può permetterselo. E nella sua indagine incrocerà capibanda e mezze tacche, politici, giornalisti, sbirri, in una sequenza frenetica di sparatorie, pedinamenti, doppi e tripli giochi, attraversando una Milano che forse non ricordavamo più, un po’ “da bere” e un po’ depressa, ricca e disperata, dove già squillano i primi cellulari e ancora sfrecciano i pony express.
Per Colaprico è un esordio, e a questo seguiranno molti altri romanzi, alcuni nuovamente centrati sulla figura di Corrado Genito, ma in questo godibilissimo poliziottesco postmodern, racconta Milano e il mondo oscuro che si agita sotto la glassa della capitale morale con voce già matura e sicura. Si dice spesso, ed è perlopiù un vuoto luogo comune, che il noir è il genere letterario che meglio racconta criticamente la società.

Ebbene Sequestro alla milanese mantiene pienamente la promessa, si nutre della cronaca vista da chi la cronaca la racconta e per raccontarla deve in qualche modo “trovarla”, scoprirla, portarla letteralmente allo scoperto. Da romanziere riesce persino ad anticiparla, come quando uno dei personaggi dichiara che «prima o poi faranno scoppiare un’altra bomba». Sequestro alla milanese esce nel 1992, nel luglio del 1993, nella tarda serata del 27 luglio una bomba esploderà, davanti al PAC, il Padiglione di Arte Contemporanea di Villa Palestro, nel centro di Milano, facendo cinque morti e dodici feriti. E sarà una bomba non “politica” ma mafiosa.

I giornalisti devono attenersi ai fatti, anche quando vedono oltre. Gli scrittori dai fatti possono partire, proprio per raccontare quell’oltre.

Parleremo di tutto questo con lo stesso Pietro Colaprico in conversazione con Paolo Soraci, giovedì 15 febbraio, alle ore 18.00, in streaming sulla pagina Facebook di PDE, di Baldini+Castoldi e delle tante librerie indipendenti di #PDESocialClub che condivideranno l’evento. L’incontro si potrà seguire anche sulla homepage del nostro sito, sul nostro canale YouTube e su LinkedIn.