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La Russia di Putin

Anna Politkovskaja

Apprezziamo la libertà soprattutto quando ci viene negata, perché troppo spesso tendiamo a darla per scontata. Questo è quello che accade a chi, come noi, ha sempre avuto la fortuna di poterne disporre, ma cosa succede quando essa rappresenta solo una chimera o un miraggio? Fino a che punto si è disposti a mettersi in gioco per conquistarla?

In certi casi occorre un vero atto di coraggio, anche solo per andarle incontro. Ed è proprio questo quello che ha fatto Anna Politkovskaja, dedicando l’intera vita, prematuramente spezzata dal suo assassinio, davanti all’altare della libertà. «Vogliamo essere liberi. Lo pretendiamo. Perché amiamo la libertà tanto quanto voi. –  afferma con fierezza nelle prime pagine del suo libro La Russia di Putin, scritto nel 2005 e da poco ripubblicato da Adelphi – Io sono un essere umano tra i tanti, un volto nella folla di Mosca, della Cecenia, di San Pietroburgo o di qualunque altra città della Russia. Io vivo la vita, e scrivo di ciò che vedo».

Sì, un volto che si fa spazio nella folla per mostrarci lo stato reale della società russa dell’era Putin, svelandoci il suo lato oscuro. Politkovskaja lascia che, nel libro, siano i fatti a parlare da soli. La natura del governo repressivo di Putin emerge, come una verità drammatica e inesorabile, da tutte le storie narrate, una realtà resa evidente e indiscutibile da analisi, indagini accurate, dati, statistiche, testimonianze dirette ed eventi puntigliosamente dimostrati da documenti ufficiali, che la giornalista ha ottenuto mettendo spesso a rischio la propria vita.

«Putin ha scelto di fondare il proprio potere su piedi d’argilla, gli oligarchi, cassando dal suo schema la gente comune. – descrive così nel libro, Anna, lo zar russo, chiamandolo anche čekista e sbirro della polizia segreta – Putin lega con i miliardari che si sono spartiti le riserve di petrolio e di gas e dichiara guerra al resto della popolazione, che non conta nulla. Mosca e le province sono come il Sole e la Terra. Il Sole significa calore, luce, vita. La Terra gira attorno al Sole. Orbite diverse, diversi percorsi».

La Russia descritta dalla Politkovskaja è “il Paese del non detto e della memoria corta”, così come lei lo chiama, una società dove il sistema giudiziario dipende totalmente da quello politico, a sua volta intimamente legato a una mafia economica, dove la menzogna e la corruzione dilagano dovunque diffondendosi come un virus, dove il razzismo va spesso a braccetto con il terrorismo, dove il dissenso viene represso in modo feroce da una psichiatria politica e dove l’esercito è una prigione in cui vince solo chi prevarica. Una Russia soffocata da un regime dittatoriale, un mostro truccato e celato dietro la maschera della democrazia, dove ad avere la meglio sono sempre processi farsa, vessazioni e torture.

«Malgrado il garante preposto a salvaguardarla, la nostra Costituzione è in punto di morte. E del funerale è stato incaricato l’FSB. – afferma, Anna, tra le pagine del suo libro – Siamo ripiombati nelle tenebre da cui già una volta abbiamo cercato di venire fuori nei lunghi decenni dell’era sovietica. Abbiamo notizia di un numero sempre maggiore di casi in cui l’FSB si inventa dei procedimenti penali ricorrendo alla chiave ideologica che gli è più necessaria, con la corte e la procura a fare da tirapiedi. Sono talmente tanti, ormai, da essere la regola, e non l’eccezione».

Anna Politkovskaja, inviata speciale della “Novaja Gazeta”, nonostante le continue minacce, si batteva da anni per i diritti umani in Russia, in particolare per quelli della minoranza cecena, un popolo che aveva preso a cuore. I suoi coraggiosi reportage si traducevano in una severa condanna delle brutalità commesse dal Cremlino in Cecenia, ma soprattutto in un’aperta denuncia del Governo per le violazioni dei diritti civili e dello stato di diritto, di una dittatura, quella di Putin, fatta solo di soprusi e violenze, e unicamente dettata dal suo delirio di onnipotenza.

Se “l’unico dovere di un giornalista è scrivere quello che vede”, come dichiarava sempre a testa alta la voce libera e coraggiosa della Politkovskaja, allora c’è solo una strada da prendere: quella della denuncia, l’unica che può portare a una presa di coscienza collettiva. «Ma cosa siamo diventati, tutti quanti? Noi ex cittadini dell’URSS?  – chiede Anna anche a se stessa, ma anche a chi sta leggendo le pagine di questo libro – Noi che avevamo tutti, più o meno, un lavoro fisso e uno stipendio regolare, a scadenze definite, noi con la nostra fiducia sterminata e inflessibile nel presente e nel futuro? Noi che credevamo che i medici dovessero per forza curare e gli insegnanti insegnare? E senza che si sborsasse un soldo? Che vita è cominciata, per noi, quando tutto questo è scomparso? O ancora: quale destino incombe su di noi? Come ci siamo ridistribuiti nello spazio postsovietico dopo un triplo salto mortale?».

Anna, in uno dei suoi ultimi interventi pubblici, durante una conferenza di Reporter Senza Frontiere a Vienna, nel 2005, affermò che «certe volte, le persone pagano con la vita il fatto di dire ad alta voce ciò che pensano». Alcune erano state uccise semplicemente per averle dato un’informazione. Eppure, l’unico modo per cambiare le cose e per rivendicare la libertà, evitando, così, che ci siano nella storia altri personaggi come il colonnello Budanov o il mafioso Fedulev, o altre tragedie come quella del teatro Dubrovka di Mosca, o stragi come quella dei bambini a Beslan, l’unico modo è affrontarle senza farsi assalire dalla paura, che, come diceva la giornalista russa, è pane per i denti di un čekista.

«I veri responsabili di quanto sta accadendo siamo noi. Noi, e non Putin. Il fatto che la nostra reazione a lui e alle sue ciniche manipolazioni si sia limitata a sparuti borbottii da cucina gli ha garantito l’impunità. La nostra apatia è stata senza confini. Abbiamo mostrato di aver paura dei čekisti, inducendoli a perseverare nel trattarci da popolo bue. Il KGB rispetta solo i forti, i deboli li sbrana. E lo dovremmo sapere, ormai. Invece ci siamo scelti la parte dei deboli e siamo stati sbranati». Anna oggi non c’è più, ma le sue parole sono sopravvissute alla sua morte, a quel giorno in cui un agguato feroce e vigliacco ha reciso la sua vita, ma non il suo forte desiderio di giustizia e libertà.

La Russia di Putin

Anna Politkovskaja
ADELPHI EDIZIONI
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Genere:
Listino:
€ 14.00
Collana:
Data Uscita:
14/03/2022
Pagine:
0
Lingua:
EAN:
9788845936920