
Viaggio nella Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori. Intervista a Luca Formenton e Giacomo Papi.
Di Paolo Soraci
La Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori è una delle grandi istituzioni culturali del Paese. Un archivio che raccoglie la memoria dell’editoria italiana dal gruppo che le ha dato origine alle tante case editrici che hanno conferito alla Fondazione i propri archivi perché li catalogasse li ordinasse e mettesse a disposizione degli studiosi, una biblioteca specializzata nella storia del libro e dell’editoria, un master che ogni anno sforna giovani talenti che andranno a ingrossare le file degli addetti ai lavori del libro, un’intensa attività di convegni, incontri, mostre che indagano storia e problemi dell’editoria, e infine un catalogo di pubblicazioni specializzate di cruciale interesse per ogni storico della cultura: saggi sull’editoria, epistolari, volumi dedicati alla grafica e quant’altro il mondo del libro possa suggerire alla fantasia e all’abnegazione dei ricercatori.
La produzione editoriale della Fondazione è strettamente collegata a quella del Saggiatore, motivo per cui, da gennaio 2025, noi di PDE felicemente ci troviamo a promuoverla in libreria.


E allora, Luca Formenton, erede familiare ed editoriale di Arnoldo e Alberto, cos’è per lei la Fondazione Mondadori di cui è presidente?
La Fondazione è un patrimonio familiare nell’accezione più tradizionale del termine. È nata per conservare e tramandare la memoria di due editori che hanno interpretato a loro modo due anime diverse del Novecento: quella di Arnoldo, più industriale, più commerciale, più aperta alla lettura per tutti, e quella più intellettuale di Alberto e del suo Saggiatore. Nel corso degli anni, la Fondazione, dall’essere semplicemente la struttura preposta a conservare la memoria di questi due editori e delle loro case editrici, è diventata un importante centro di studio e di divulgazione del libro e dei mestieri del libro.
Da quando ho preso in carico direttamente la presidenza, poco dopo la morte di mia madre, ho deciso di dare una nuova missione alla Fondazione, che ho chiamato, molto chiaramente mi sembra, “Per una casa di vetro”. Quello che ha fatto la Fondazione nei primi quarant’anni è stato soprattutto di conservare e accumulare materiale sulla vita e la storia editoriale italiana e non solo. Adesso è il momento di dare la possibilità di accedere a questo materiale non solo agli studiosi che già lo fanno, ma a un pubblico molto più vasto. E questo è possibile oggi, con la digitalizzazione che stiamo ormai da tempo implementando nelle nostre attività, in modo che i contenuti, pur rimanendo di proprietà della Fondazione, siano aperti a un pubblico crescente.
Questo è il lavoro che stiamo portando avanti con il nuovo direttore Paolo Verri, con noi dal gennaio dello scorso anno. Questa è la mia aspirazione, cioè far diventare Fondazione Mondadori non solo un archivio e una fonte di didattica, di formazione, ma anche veramente una casa di vetro aperta a ogni tipo di pubblico.

Giacomo Papi, giornalista e scrittore, da tre anni dirige il Laboratorio Formentini per l’editoria, che dalla centralissima sede nel cuore di Milano irradia eventi e pubblicazioni. Giacomo, come va evolvendo la proposta editoriale della Fondazione? Il recente 365 telegrammi, un volume di piccolo formato ma di grande foliazione, sembra marcare un cambio di passo, di abitudini.
Si va evolvendo seguendo appunto l’idea ben espressa da Luca Formenton, e cioè che ciò che gli archivi custodiscono non è solo un patrimonio per studiosi e addetti ai lavori per ricostruire la storia dell’editoria italiana, ma anche sempre di più materiale a disposizione del pubblico, materiale che fa cultura viva, non necessariamente specialistica. 365 Telegrammi è il primo titolo di una pubblicazione a cadenza annuale, “365”, appunto, e racconta la storia della Mondadori attraverso una selezione curata da Stefano Bartezzaghi dei telegrammi che Arnoldo, Alberto e l’intera casa editrice si scambiava con autori come Jean-Paul Sartre, Thomas Mann, Walt Disney o Liala. Ci pareva un modo divertente e interessante di raccontare come l’impresa editoriale sia sempre un’impresa che coinvolge tante persone e come sia fatta di tanti linguaggi di cui i libri sono solo la parte finale, non l’unica da raccontare.
365 Telegrammi segue un altro libro che ha marcato un cambio di passo in questo 2025: Ostinata bellezza. Anita Klinz, la prima art director italiana, curato da Luca Pitoni, che ricostruisce la storia per immagini di una delle più grandi grafiche italiane, ancora piuttosto sconosciuta rispetto alla sua importanza. L’idea, insomma, è sempre di cercare di usare gli archivi non come un materiale statico, ma anche come un corpus dinamico che racconta anche il presente. È il caso di uno degli ultimi titoli pubblicati, Libro città aperta, curato da Chiara Faggiolani, che raccoglie e reinterpreta gli atti del convegno del 2024 sul ruolo delle biblioteche e degli spazi pubblici culturali e di come stanno cambiando gli spazi pubblici culturali e con essi la cultura stessa.


Un altro volume appena uscito, in collaborazione con il Master in Editoria, Giornalismo e Management Culturale dell’Università Sapienza di Roma, si intitola I miei vestiti erano bianchi e in copertina ha un disegno di Zerocalcare. È stato curato dagli allievi del Master assieme a ragazzi e ragazze degli istituti di pena minorile italiani. L’idea mi sembra sempre quella e sempre coerente: accanto a un’attività editoriale che mette a disposizione degli studiosi una selezione di archivi che la Fondazione custodisce, sviluppare un lavoro di commento del presente e di resa al pubblico della bellezza che questi archivi custodiscono.
Ecco torniamo a Luca Formenton: quindi, archivi, formazione, produzione libraria per accrescere la consapevolezza di sé di chi dei libri si occupa o spera un giorno di occuparsi.
È un po questa la scommessa. Ed è partita da una semplice considerazione: se non si fanno vedere le cose che si posseggono, è come non possederle. Questo è un altro mantra che ho più volte cercato di installare in tutti quelli che lavorano alla Fondazione. La Fondazione deve diventare un villaggio della cultura, dove possano convivere momenti di svago, momenti di formazione, momenti di elaborazione e progettazione di nuovi strumenti e nuove pubblicazioni, sempre a partire dalla consultazione dell’archivio, un villaggio aperto verso la città. In questo caso la città è Milano, ovviamente, e la Fondazione ha dimostrato negli ultimi anni la sua forte volontà di apertura partecipando fra le molte altre cose, alla fondazione di Bookcity. Vogliamo stabilire un rapporto sempre più interattivo con le altre istituzioni, ovviamente europee e italiane, ma soprattutto milanesi. Un’unione delle forze, idea questa cara a Giacomo Papi, che metta insieme diversi pubblici uniti dalla passione per la lettura e la cultura, attraverso la collaborazione tra diverse istituzioni, per accrescere la loro consapevolezza e il loro progetto di vita.


Giacomo Papi, un’ultima domanda, abbastanza ovvia: cosa è in arrivo nei prossimi mesi in quanto a proposta editoriale della Fondazione Mondadori?
Siamo in un momento di riorganizzazione e ridefinizione della proposta. Quindi su certe cose sarò vago. Di sicuro, è in arrivo il secondo numero de “Il Gaddus”, rivista annuale dedicata a Carlo Emilio Gadda, che ha una grafica davvero meravigliosa e che appunto coniuga bene l’idea che il sapere non sia solo utile, ma possa essere anche bello. La dirigono Mariarosa Bricchi, Paola Italia, Giorgio Pinotti e Claudio Vela, ossia il Centro Studi Gadda, che da anni curano l’edizione critica delle opere del grande milanese in corso da Adelphi. A seguire arriveranno Caro Linder, esito del Cantiere Linder curato da Luca Gallarini, dedicato al più grande agente editoriale italiano, il che significa che da lui, dal suo lavoro è passata la storia dell’editoria italiana del secondo ‘900, e a seguire Il futuro della memoria, atti del recente convegno realizzato da Giuseppe Antonelli, Paola Italia e me, con contributi che vanno da Geoff Dyer, Michele Serra, Jennifer Egan, Fernando Aramburu a Dari Bignardi, Sonja Moceri dell’Archivio di Stato e Nathalie Leger dell’Imec.
Già da due anni è in corso questo Archivio del presente che consiste in un ciclo di incontri con una casa editrice a nostro giudizio particolarmente interessante rispetto al suo modo di interpretare il presente. Gli atti di questi cicli diventano a loro volta dei volumi, accolti nei “Quaderni del Laboratorio Formentini”. La prima è stata Iperborea, la seconda sarà il Saggiatore, che è stata oggetto di tre incontri nell’ottobre del 2024. La prossima sarà Bao Publishing che farà tre incontri pubblici nell’autunno di quest’anno, che sfoceranno in un altro libro nel 2026.


Infine, abbiamo finalmente deciso il tema del nuovo “365”: i sessant’anni degli Oscar Mondadori, un Oscar al giorno e tutti i 13.000 titoli pubblicati dal 1965 a oggi.
La cosa nuova, ed è un processo in corso da alcuni anni rispetto ai libri di Fondazione Mondadori, è una sostanziale abolizione delle collane, che prima erano davvero molte, per arrivare a un unico formato cui si affiancheranno alcuni libri speciali, libri illustrati come appunto quello su Anita Klinz, e libri oggetto come i “365”.
Potete ascoltare la nostra intervista in formato audio nella trentesima puntata del nostro podcast INDIE-Libri per lettori indipendenti.