
Francesco Giacomoantonio, Marzia Zuccari e Ilaria Troncacci ci raccontano catalogo, forme e pensiero di una casa editrice che punta all’inatteso attraverso una ricerca editoriale e letteraria di qualità.
di Luca Bonifacio
Del Vecchio Editore è una casa editrice indipendente di ricerca e progetto nata nel 2007. Pubblica letteratura che si colloca sulla soglia dei generi, delle aree geografiche e dei linguaggi, dando forma a testi rari e preziosi del panorama letterario. È un progetto culturale la cui anima risiede nei confini del letterario, un manifesto d’intenti che si esprime attraverso le storiche collane “Poesia”, “Formelunghe” e “Formebrevi”, alle quali si sono aggiunte la collana “Forme”, dedicata alla saggistica, e “Altreforme”, creata per ospitare testi ibridi e sperimentali, mescolando l’irriverenza con l’anticonformismo. Del Vecchio è presente nelle librerie italiane come un manifesto d’intenti, ma anche come proposta editoriale che nella ricerca della qualità trova il suo spazio fra gli scaffali, tanto nel contenuto quanto nel publishing, con una veste grafica importante e raffinata, dagli impaginati alle copertine. E di questa proposta, che sigla i suoi libri con il marchio Del Vecchio, ne abbiamo parlato proprio con gli editori, Francesco Giacomoantonio, Marzia Zuccari e Ilaria Troncacci.
Che cos’è oggi Del Vecchio Editore e cosa vuole essere domani, Francesco?
Del Vecchio Editore nasce con l’idea di colmare delle assenze riconosciute nel panorama editoriale, offrendo la possibilità di allontanarsi dalle tendenze abitudinarie di approccio alla lettura e al libro. Un lettore abitudinario, secondo me, legge sapendo già ciò che troverà all’interno del libro, ricercando in qualche modo ciò che è immediatamente decifrabile sia dal punto di vista estetico che visivo. In quest’ottica, Del Vecchio Editore è oggi una realtà editoriale che propone testi sfidanti, libri che vanno a decostruire le abitudini consolidate, avvicinando il lettore anche a un approccio spontaneo e autentico alla lettura e alla letteratura stessa.



Noi andiamo verso questa direzione operando delle scelte molto concrete. Una su tutte è la costruzione coerente e sistematica di un progetto editoriale che si declina in tutta la scansione delle sue pubblicazioni, che fa specchio a una ricerca e scelta di autori che abbiano, oltre a delle idee interessanti da proporre, una voce che parli di letteratura attraverso la letteratura stessa, e che presenti delle particolarità stilistiche capaci di decostruire abitudini relative al linguaggio, alle strutture narrative, alle impalcature dei testi.
Un’altra caratteristica peculiare della casa editrice è la scelta dell’ironia: l’ironia come chiave di lettura, di ribaltamento e spostamento dei punti di vista, come chiave di continuo svelamento. Non ultima, anche la cura del libro e dell’edizione, che vuole valorizzare il testo senza ricercare alcuna semplificazione, sia nelle specifiche tecniche, quindi negli aspetti materiali della stampa e della rilegatura, sia nella proposta della veste grafica: una narrazione parallela che vuole presentare in maniera sempre nuova e diversa il titolo proposto.
Questo ci porta a lavorare in un contesto di continuo dinamismo, ricerca e rinnovamento. È la strada che permette alla casa editrice di guardare al futuro, nel quale vogliamo rappresentare l’inatteso, l’insolito.
Del Vecchio è un progetto che declina questa visione editoriale sistematicamente nelle sue forme, quindi nelle sue collane. Come si strutturano e come si collocano sugli scaffali delle librerie, Marzia?



A dire il vero, noi non crediamo nella collocazione data e precisa del libro sullo scaffale. Per questo abbiamo declinato le nostre collane in quelle che sono le varie forme letterarie dei nostri testi. Avendo come interlocutori i lettori e i librai, che sono per noi i primi lettori, sicuramente quello che ci spinge a creare questo tipo di proposta è anche il rapporto dinamico di fiducia che abbiamo con loro, un rapporto capace di estendersi anche all’approccio della lettura.
Pensiamo infatti che la letteratura sia un concetto difficilmente incasellabile dentro a confini limitanti o sclerotizzati. Per questo offriamo una proposta che mette in gioco e sfida tutti gli interlocutori, noi per primi in quanto casa editrice di progetto e di ricerca. Quindi l’aspetto dinamico e l’aspetto valorizzante delle varie forme della letteratura, delle varie chiavi di lettura del reale e dell’immaginario, trovano spazio nella nostra proposta perché cerchiamo di renderli accoglienti attraverso forme editoriali capaci di raccontarne la complessità.
Cosa si devono aspettare i librai, allora, quando si trovano davanti un copertinario, una cedola, una novità e un titolo del catalogo Del Vecchio, Ilaria?
Se l’idea è di superare l’abitudine e di vivere la lettura come una sfida sempre in rinnovamento, i librai sanno che davanti al nostro catalogo devono aspettarsi l’inatteso. Voglio però sottolineare che in tutto questo continuo rinnovarsi, possono sicuramente aspettarsi della coerenza, sia che si trovino in mano un libro di poesia, un romanzo o una raccolta di racconti, ma anche là dove uno non se lo aspetta, come nei testi di saggistica.



Per fare un esempio, una collana del nostro catalogo è dedicata alle teorie letterarie e alle letterature comparate: “L’anima E Le Forme”. In questo momento stiamo seguendo un progetto specifico che si occupa di indagare le intersezioni tra memoria collettiva e memoria individuale, fra identità personale e le identità che formano la società. E se i librai vogliono farsi un’idea sintomatica della nostra proposta possono andare a vedere proprio lì. Perché quella collana rappresenta il nostro apparato teorico, lo spazio nel quale andiamo a pescare e dal quale incominciamo la nostra ricerca editoriale, una ricerca che si declina poi in tutte le forme del catalogo.
A questo proposito, mi viene in mente che prossimamente i librai si troveranno ad avere in mano dei libri molto particolari. A breve arriverà ad esempio Paesaggio lacustre con Pocahontas di Arno Schmidt. Nonostante sia stato scritto un secolo fa, si tratta senza dubbio di un testo spiazzante, di un libro provocatorio che non dà nessun tipo di base o di riferimento al lettore. Chi si trova in mano quel libro sa in partenza che ha in mano una sfida che può cogliere, una sfida che può disturbarlo ma che può anche divertirlo.



Non vogliamo infatti soltanto disturbare, vogliamo anche sorprendere il lettore in svariati modi. Per fare un esempio, una delle prossime uscite della collana di poesia, ovvero Regno andaluso di Joaquín Lobato Pérez, restituisce proprio questa dimensione, in un modo però fiabesco e accogliente. Lo stesso libro ci apre a dimensioni che ancora non possiamo immaginare, nonostante sia una raccolta che tratta di un periodo storico particolare, parlando del franchismo e di una Spagna divisa. Ma Regno andaluso ci mostra questa dimensione conflittuale con un occhio rivolto a un futuro possibile, verso qualcosa di fiabesco che ci tira fuori dal presente, senza farcelo dimenticare ma dandoci gli strumenti narrativi per reimmaginarlo.
La mancanza di confini della letteratura che proponiamo è qualcosa che ci apre, infatti, anche alla fantascienza. E proprio questo mese è arrivato nelle librerie Andymon di Angela e Karlheinz Steinmüller, il romanzo simbolo della letteratura fantascientifica della Germania Est. Con Andymon ci troviamo veramente ad avere a che fare con mondi infiniti, con un’utopia possibile e bellissima. Un’utopia che non parte però dal presupposto che tutto è dato, ma che per essa è necessario lavorare incessantemente, con fatica e con coerenza.
Questo è in poche parole quello che effettivamente i librai si trovano davanti con il catalogo e le novità di Del Vecchio: l’idea di costruire insieme una piccola utopia che sicuramente richiede impegno, ma che promette grandi cose.
Potete ascoltare la nostra intervista in formato aiuto nella ventinovesima puntata del nostro podcast INDIE-Libri per lettori indipendenti.