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Pievani e Varotto: ritorno al futuro?

21 aprile 2021 | feltrinelli
Pievani e Varotto: ritorno al futuro?

Tra qualche decennio l’Italia potrebbe ritrovarsi come nel Pliocene: sott’acqua. Ne parleremo in una diretta con gli autori e Bruno Arpaia, che abbiamo chiamato a recensire il libro

Martedì 27 aprile alle 18.00, sulle pagine Facebook di PDE, di Aboca Edizioni, e delle numerose librerie che hanno aderito alla condivisione, PDESocialClub presenta un libro tanto inquietante quanto affascinante: Viaggio nell’Italia dell’Antropocene (Aboca). Scritto da Telmo Pievani e Mauro Varotto e illustrato dalle tavole del cartografo Francesco Ferrarese, è un saggio, un racconto fantastico, un vero e proprio atlante del futuro che ci aspetta se non rimediremo il più velocemente possibile ai danni ambientali da noi stessi causati. A discutere con i tre autori un interlocutore d’eccezione: Bruno Arpaia, romanziere, giornalista, traduttore, appassionato cultore di scienza e da anni docente di Tecniche della narrazione al MACSIS (Master in Comunicazione della Scienza e Innovazione Sostenibile) all’Università di Milano Bicocca. Col suo romanzo Qualcosa là fuori (Guanda, 2016) ha anticipato e narrato molti dei temi al centro del Viaggio…. Il fantasma dei fatti (sempre Guanda, 2020) è il suo ultimo romanzo e anch’esso ha molto a che fare con la scienza e con l’Italia. A Bruno Arpaia abbiamo chiesto di recensire per noi il libro di Pievani e Varotto.

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di Bruno Arpaia

Nel 1940, il geografo Bruno Castiglioni realizzò per il Touring Club Italiano una mappa dell’Italia dell’epoca e, per comparazione, una della Penisola come si sarebbe presentata ai nostri occhi (se noi Sapiens fossimo già esistiti) due milioni e mezzo di anni prima, nella fase finale del Pliocene. In quell’epoca remota la Pianura Padana semplicemente non c’era, ricoperta da un mare tropicale, mentre lo Stivale era soltanto un’esile lingua di terra protesa nel Mediterraneo, quasi spezzata in due dall’acqua più o meno all’altezza di Napoli. Oggi questa mappa si trova al Museo di Geografia dell’Università di Padova e, guardandola, due professori di quell’antica università, Telmo Pievani e Mauro Varotto (uno filosofo delle scienze biologiche con grandi abilità narrative, l’altro geografo bravissimo a comunicare la scienza), hanno avuto una sorta di flash: quell’Italia striminizita e invasa dal mare a causa dello scioglimento delle calotte polari assomigliava in maniera inquietante a quella che prevedono gli scienziati se continueremo a fare poco o nulla contro il cambiamento climatico.

Di lì, l’idea: raccontare, sulle orme del Grand Tour settecentesco, un immaginario Viaggio nell’Italia dell’Antropocene (Aboca, 190 pp., euro 22), ambientato nel 2786 o giù di lì, accompagnando ogni tappa narrativa con approfondimenti scientifici sui vari aspetti del cambiamento climatico e con mappe particolareggiate, a cura di Francesco Ferrarese, dell’Italia che (forse) verrà. Un’idea potente, una vera e propria arma letale contro l’ignavia nei confronti dei pericoli, attuali e futuri, derivanti dalla crisi climatica, perché sposa e fonde narrazione, dati scientifici e impatto visivo delle mappe, in una triplice raffica in grado di arrivare al cuore perfino del lettore più negazionista o semplicemente poco informato e indifferente.

Comincia da Venezia, e dal grande mare che ormai ricopre Pordenone, Treviso o Verona, l’impressionante (e appassionante) viaggio del «novello Goethe», del turista mitteleuropeo Milordo. Del capoluogo veneto, ovviamente, ormai affiora dall’acqua soltanto il campanile di San Marco, e dalle montagne sulle quali poggia la megalopoli di Belluno, il nuovo capoluogo, si può vedere il grande mare che si spinge a ovest fino a Pavia. Poi, in corriere a idrogeno, in treni a levitazione magnetica, in aerei o navi a fusione nucleare, Milordo esplorerà nel suo tour organizzato l’isola artificiale di Piacenza, la conurbazione di Milano, una Torino ormai disabitata a causa delle condizioni ambientali divenute insopportabili.

Vedrà (e i lettori con lui, per di più seguendo il suo viaggio sulle mappe) città su palafitte o sottomarine lungo l’antica costa romagnola, paesi abbarbicati sulle montagne o scavati sotto terra per resistere al caldo insopportabile, spiagge, vegetazione e fauna tropicali, deserti che mangiano le poche terre coltivabili, golfi e arcipelaghi al posto di antichissime città, i fiordi marchigiani e abruzzesi, la Sardegna tagliata in due dal canale del Campidano, una Roma inghiottita dal mare che ha risalito il Tevere, l’isola Vesuvia, l’isola Salentina o le isole tropicali del Sud, eccetera eccetera.

Aemilia

Uno scenario distopico, improbabile e lontanissimo? Forse. Può darsi. Ma non è nemmeno detto. A leggere ciò che viene perfettamente esplicitato negli inserti «scientifici» fra una tappa e l’altra del Grand Tour nel futuro, l’Italia è davvero un «hot spot», uno dei luoghi più a rischio a causa del cambiamento climatico, del quale ha già cominciato a sentire i primi, spesso devastanti, effetti: aumenti delle temperature più alti che altrove, ondate di calore, acidità dei mari, desertificazione, scioglimento dei ghiacciai, eventi meteorologici estremi, crisi idriche, e chi più ne ha più ne metta.

I processi in atto sono rapidissimi: non soltanto rispetto ai «tempi geologici», in cui i cambiamenti avvenivano nell’arco di centinaia di migliaia di anni, ma ormai anche a quelli «umani». E questo libro, abituandoci dapprima a pensare sui tempi lunghi dell’evoluzione del nostro pianeta, ci fa sentire con maggiore forza l’impatto di questa vertiginosa accelerazione impressa dall’uomo sul clima terrestre e ci fa avvertire con ulteriore urgenza la necessità di cambiare alla radice il nostro modo di abitare la Terra.

Per di più, infine, chi acquisterà il volume sosterrà le attività del Museo di Geografia, che a sua volta, come scrivono gli autori, «contribuirà così a sviluppare la sua azione di conoscenza, educazione e sensibilizzazione al cambiamento climatico nelle scuole e nella società civile». Un libro necessario, insomma, da leggere e rileggere, da tenere sul comodino, per non dimenticare che la crisi climatica è davvero il più grave problema che l’Homo sapiens (o Insipiens?) si sia mai trovato ad affrontare.

Telmo Pievani, Mauro Varotto, carte di Francesco Ferrarese, “Viaggio nell’Italia dell’Antropocene”, Aboca

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Bruno Arpaia (Ottaviano, 1957) è romanziere, giornalista e traduttore dallo spagnolo. Ha pubblicato sette romanzi e svariati saggi di argomento politico, culturale e letterario. Ha tradotto e curato edizioni italiane di Gabriel García Márquez, Mario Vargas Llosa, Arturo Pérez-Reverte, Paco Ignacio Taibo II. Il suo libro più recente è Luis Sepúlveda. Il ribelle, il sognatore (Guanda 2021).