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Junky

William S. Burroughs

di Luca Bonifacio

C’è un inveterato rapporto tra le droghe e il mondo dell’arte. Tanto che non possiamo citarlo esaustivamente qui. C’è una storia lunga una letteratura, ad esempio, che va dai lotofagi omerici ai paradisi artificiali di Charles Baudelaire, dalla Beat Generation alle Confessioni di un mangiatore d’oppio di Thomas de Quincey – quello che possedeva il dono letterario di “tradurre le stagioni in sentimento”, per capirci –.

Qui però non stiamo parlando di un’antologia di scrittori, né di un’isola piena di frutti di loto, né tantomeno di una nebulosa e umbratile stanza dell’oppio vittoriana, ma dei sobborghi newyorkesi abitati da papponi, ladri, ‘’procacci’’, criminalità spicciola: stiamo parlando del mondo di Junky di William S. Burroughs, testo edito da Adelphi.

Junky è un viaggio nel delirium tremens della società americana, nella parte abbandonata a sé stessa si intende. Quello delle droghe poi, si sa, è il mondo di chi ha visto fatine verdi, fantasmi, forse Dio. Qui invece c’è solo l’umanità nuda e cruda, quella che si eviterebbe volentieri.

Perché il sottotitolo di Junky – ‘’Confessioni di un tossicodipendente irredento” – parla chiaro: siamo inermi ad ascoltare una confessione senza possibilità di redenzione, senza avere possibilità di replica.

Basterebbe poi il prologo per capire che non siamo nemmeno in un reportage di Michael Pollan a indagare gli aspetti benefici di un determinato consumo, ma nell’equazione della vita di un tossicodipendente, di chi ha incominciato a ‘’dipendere’’ senza reale necessità.

Dall’altra parte della morte, manco a dirlo, tutto ciò che il perbenismo e la quiete di un paese ignaro e votato alla felicità – per diritto – non potrebbero tollerare. O di cui forse non si sa semplicemente nulla, figuriamoci della morte.

Destabilizzano il senso di lucidità, le spietate descrizioni, l’autoironia quindi di uno che tende a precisare la somma dei suoi fallimenti e delle sue ragioni. Perché non c’è allucinazione in Junky, c’è solo il delirio senza onnipotenza di chi ha cominciato a vivere nel momento in cui ha cominciato a farsi, di chi ha fatto della roba «uno stile di vita».

Si deve forse tornare al prologo per capirne il senso, dove una frase apparentemente gettata lì amplifica tutto ciò che è spassionata, sincera, smisurata confessione: «Quando si smette di crescere si inizia a morire. Un tossico non smette mai di crescere».

Siamo tutti capaci di inorridirci, di essere contrariati, eppure dopo quasi cinquant’anni siamo ancora lì a cercare di capire cosa volesse veramente dire; eppure a leggere Junky viene solo voglia di ripartire dai lotofagi, passare per Baudelaire e de Quincey, arrivare a Burroughs, per capire che i significati della parola “Junky” sono tanti: sono i traduttori a essere pochi.

Anche perché non c’è droga, paradiso artificiale che vinca sul dono della scrittura. “È tutta questione di immaginazione”, come diceva qualcuno.

Junky

Burroughs William
ADELPHI EDIZIONI
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Genere:
Listino:
€ 19.00
Collana:
Data Uscita:
14/02/2023
Pagine:
0
Lingua:
EAN:
9788845937569