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Buona la prima

Fabienne Agliardi

Humor e leggerezza sono merci rare nella narrativa italiana. Lo Scrittore, si sa, se vuole affermare la sua appartenenza alla grande famiglia letteraria, specie se esordiente, sentirà l’obbligo di esibire tutta la sua ulcerata sensibilità in pagine dense di sospiroso doglio. Per tutto il resto ci sono professionisti specifici: comici, aspiranti comici, ghost writers di comici. Come se tra il pianto e il ghigno, non esistesse spazio per il sorriso e l’ironia. E forse, così facendo, lo scrittore italiano medio dà anche prova di saggezza. Si sa che è più facile far piangere (o sbadigliare) che far sorridere.

E allora ben venga la fresca ventata di Buona la prima, esordio narrativo di Fabienne Agliardi, che approda ai tipi di Morellini nella collana “Varianti” diretta da Sara Rattaro. Ben venga perché come ha detto del libro uno che se ne intende, Federico Baccomo: “un testo ben riuscito, può fare due cose: divertire il lettore o rivelargli qualcosa. Fabienne non si dimentica di fare entrambe”.

La storia è presto detta, abbiamo una Maia quasi quarantenne milanese che fa la giornalista. E non in un posto qualsiasi, ma al Corriere della Sera, il primo, inarrivabile quotidiano del Paese. Certo, al momento e senza tante prospettive, si occupa di necrologi. Ma è pur sempre il Corriere, ed è pur sempre scrittura, ossia la più sua più bruciante vocazione, quella che un giorno, ne è certa e ne siamo certi anche noi, la porterà a scrivere un libro, un vero libro, un romanzo. Manca solo un’idea forte, un centro ispirativo. Ma a quello provvede Lo spritz dei Verri, ossia il circolo di amici che si ritrova ogni giovedì sera a casa di Maia per coltivare l’arte della dotta e amichevole conversazione sulle tracce dei grandi illuministi lombardi, a partire appunto dai fratelli Verri e il loro “Caffè”.  Saranno loro, i sodali di Maia a darle l’idea risolutiva: il racconto delle prime volte, ben venti, che hanno scandito la vita di una protagonista che molto, tantissimo, quasi tutto ha a che spartire con la Maia autrice (e in parte, chissà? con la stessa Fabienne).

E così, si parte come nei migliori Tristram Shandy dalla nascita, un fior di prima volta, un racconto che la piccola Maia “ruba” ai genitori ascoltandoli di nascosto. Seguiranno primi denti e prime nevi, primi baci e primi libri, primi brutti voti e primi appuntamenti, accompagnati dal grande amore per la lettura (Maia è un’appassionata manzonista, Agliardi, chissà?) e da una vocazione famigliare per la fotografia. Di aneddoto in aneddoto, circondata da una ridda di personaggi affettuosamente caricaturali, in una Milano intima e accogliente come un plaid in una sera d’inverno, Maia svolge una vita, la sua, fatta di storie come quelle di tutti, riscattate però da uno sguardo acuto e da una voce disincantata.

In definitiva, complimenti a Maia e complimenti a Fabienne Agliardi. Davvero, buona la prima!