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Chiediamolo a ChatGPT

2 Maggio 2025 | feltrinelli
Chiediamolo a ChatGPT

Giovedì 8 maggio, alle 18.00, ospitiamo a #PDESocialClub gli autori di Critica di ChatGPT, edito da elèuthera, per capire i risvolti e le insidie di una rivoluzione digitale di cui siamo parte attiva.

di Luca Bonifacio

Quello di ChatGPT, nonché dell’Intelligenza Artificiale nel suo complesso, è un tema di attualità quantomai stringente, scottante, totalizzante e diciamo pure totalitaria. Serve però fare chiarezza e capire la posta in gioco della questione da diverse angolature. Per questo abbiamo deciso di capirla a #PDESocialClub giovedì 8 maggio alle 18.00, attorno al saggio Critica di ChatGPT edito da elèuthera, in compagnia degli autori Antonio Santangelo, professore di Semiotica e Semiotica delle culture digitali presso l’Università di Torino, Alberto Sissa, dottorando per la Pubblica Amministrazione presso l’Università di Ferrara e Maurizio Borghi, professore di Diritto Commerciale presso l’Università di Torino e condirettore del Centro Nexa.

Del resto, l’app di ChatGPT, il modello linguistico generativo di OpenAI, è stata la più scaricata nel mese di marzo, raccogliendo ben 46 milioni di nuovi utenti in tutto il globo terracqueo. Un fatto che non sorprende, considerando tutti i vantaggi che il suo utilizzo comporta nella nostra vita quotidiana e lavorativa. ChatGPT è infatti in grado di rispondere in modo coerente alle nostre domande, di garantirci il contatto con il sapere in maniera esaustiva, di generare testi, tradurli, ribaltarli, ricostruirli, cambiare il tono di voce di una frase, di interi paragrafi. Lo farà sempre meglio e sicuramente con meno sforzo, tempo, cruccio, possibilità di errore, noia, tormento, dispiacere di noi umani, liberandoci finalmente dall’ingombro di mansioni ripetitive e aumentando la nostra produttività. E perché no, sostituendoci prima o poi in tutto e per tutto. Ma è veramente così?

Già da questi presupposti il dubbio sorge lecito, il tono di voce – o forse l’umore – cambiano di fronte all’oracolo del ventunesimo secolo. Cambiano perché è buona norma capire le rivoluzioni che contribuiamo ad alimentare, prima ancora di prenderne parte o di venire travolti dall’entusiasmo, piuttosto che dal timor panico. Critica di ChatGPT ci fornisce le chiavi per farlo, in qualità di saggio polifonico – frutto di un’intelligenza umana e collettiva – che non ci spiega solo come funziona realmente il modello linguistico di OpenAI, ma si addentra anche e senza timore nelle pieghe della fiducia che le viene riposta, così come nella rappresentazione mediatica – diciamo pure isterica – che contribuisce a fomentare il suo mito.

Un mito, un entusiasmo e una paura che, come ci spiegano in maniera esaustiva gli autori, fanno riferimento a un’allucinazione collettiva molto simile a quella insita nelle macchine, o meglio alla capacità di queste ‘’stampanti digitali’’ o ‘’pappagalli stocastici’’ di non sapere distinguere correttamente la realtà dal suo opposto: quindi anche e inevitabilmente di poter creare false informazioni, o meglio ancora di inventare di sana pianta. Il perché e il percome lo comprendiamo attraverso un saggio che affronta concetti quali “intelligenza” – da considerarsi ancora vago date le sue 70 definizioni in letteratura –, oppure la nostra innata tendenza a considerare questi sistemi al pari degli esseri umani, nonché la misinformazione che ne consegue. Riusciremo infatti a capire le insidie di un funzionamento cibernetico lossy piuttosto che lossness, ma anche a comprenderne i risvolti grazie al pronto supporto della filosofia del linguaggio – poiché in fin dei conti di linguaggio si parla – rinfrescando i ragionamenti di alcuni pionieri quali Noam Chomsky, Karl Popper, John Searle e Ferdinand de Saussure.

In poco più di 150 pagine, infatti, gli autori sono riusciti nel tentativo di restituire lo stato dell’arte di ChatGPT e dell’IA generativa nel suo complesso, realizzando una solida critica che, decostruendo pezzo per pezzo le narrazioni entusiastiche sul futuro che ci attende con e grazie a esse, ci mostra piuttosto le questioni più spinose – quindi sociali, economiche, politiche, odierne – sollevate da questi sistemi: dalla dimensione ecologica a quella lavorativa, dall’accentuarsi delle disparità sociali e delle discriminazioni alle problematiche consustanziali alla storia della ‘’rivoluzione digitale”, ovvero tutela del copyright e protezione dei dati personali. Per demistificare l’IA serve infatti, ricordano gli autori, analizzare le narrazioni che ne parlano per eccessi – in auge tanto fra i tecnoentusiasti quanto fra gli apocalittici – cercando piuttosto di disinnescare pregiudizi diffusi, senza perdere attinenza con la realtà urgente delle cose. Da buona ricerca scientifica, dunque, Critica di ChatPGT non allarma e non cede a facili slanci, ma con approccio filosofico e attraverso esempi tangibili critica, indaga, analizza e cerca di capire quali siano le domande giuste per affrontare la questione – quanto è importante chiedersi, ad esempio, a chi giova parlare di ChatGPT in un modo piuttosto che in un altro? –.

Il saggio edito da elèuthera è allora uno strumento utile tanto per chi ancora si chiede a cosa serva l’IA generativa, quanto per chi non si preoccupa nemmeno lontanamente del suo utilizzo e degli interessi che la riguardano, oppure delle questioni emotive, critico-morali, etiche in gioco. Quindi se vogliamo stare al passo con i tempi, o come si suol dire “abbracciare il progresso”, forse è quantomeno bene chiedersi – ci suggeriscono con gentilezza gli autori – quale sia il nostro ruolo in tutto ciò. O meglio, in quale tipo di società, costruita attraverso il linguaggio, vogliamo vivere.

Noi cercheremo di capire quali siano le domande giuste giovedì 8 maggio alle 18.00, in compagnia di Antonio Santangelo, Alberto Sissa e Maurizio Borghi sul sito, sul canale YouTube e sulle pagine LinkedIn e Facebook di PDE, nonché di elèuthera e delle librerie indipendenti che condivideranno la nostra diretta.