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Letture d’estate 1: ‘Cause this is thriller!

17 luglio 2018 | cristina
Letture d’estate 1: ‘Cause this is thriller!

Arriva l’estate e finalmente si legge quel che piace, che rilassa e che avvince. Prima puntata, ovviamente, dedicata ai thriller!


Ombrellone. Sdraio. Creme solari. Thriller.
Rifugio. Panca. Polenta. Thriller.
Biglietti. Voucher. Trolley. Thriller.

Insomma, siano mari, monti o viaggio di movimento, la lettura estiva per antonomasia restano il noir, il giallo,  il poliziesco, ogni declinazione del mistery di qualsiasi livello stilistico e narrativo, si tratti di un disimpegnato scacciapensieri a chiave o della più perturbante discesa agli inferi della contemporaneità.

E allora, mentre i vacanzieri si affrettano agli ultimi acquisti prima della partenza e i librai allestiscono tavoli, vetrine e scaffali con le proposte più allettanti, noi ci permettiamo di suggerire agli uni e agli altri alcune belle uscite da brivido targate PDE.

Tornano i duri

Intanto, dopo anni di giallisti spiritosi, thrilleristi all’acqua di rose, e di oggettiva eclissi della un tempo egemonica produzione anglosassone, assistiamo al ritorno dei duri, con una serie di titoli altamente adrenalinici e del tutto fuori routine. Jake Hinkson in Francia è venerato come un maestro, da noi fino a un paio di mesi fa non lo conosceva nessuno. Male, perché Inferno in Church Street, primo suo titolo pubblicato da Edizioni del Capricorno, è un gran noir spietato e affilato come una lama, tostissimo e violento al punto giusto. Niente humour, niente sociologia, poca psiche e comunque devastata. Basti dire che il meccanismo è quello classico del pachinko: come nell’alienante gioco giapponese, dato un piccolo impulso alla vicenda tutto quel che verrà dopo sarà una vertiginosa, inevitabile e disastrosa catena di conseguenze, fino al baratro finale che inghiottirà il protagonista, un indimenticabile Geoffrey Webb autoinvestitosi pastore in una cittadina dell’America profonda, le sue vittime in numero crescente, l’intera città.

Qualche centinaio di chilometri più in basso, superata la frontiera con il Messico e i muri eretti da Supertrump, la voce è quella dell’australiano francesizzato Tim Baker. La sua Città senza stelle (SEM) si chiama Ciudad Real ed è un diverso inferno, il punto in cui il capitalismo industriale tracima in un’apocalisse di violenza e sfruttamento, il regno delle maquiladoras, fabbriche di assemblaggio di proprietà yankee e maestranze messicane a un passo dalla schiavitù, un deserto in cui ogni anno vengono rapite e uccise centinaia di donne, in cui le guerre di narcotraffico significano strage e tortura con la complicità attiva di poliziotti corrotti e politici venduti. Una città allucinata in cui il caparbio poliziotto Fuentes ha deciso, contro tutto e tutti, aiutato da una sindacalista coraggiosa e dai suoi compagni, di scoprire il mistero dei femminicidi e di farla finita, già che c’è, con El Santo, il più sanguinario dei narcos.

Ancora SEM ci porta nella città meno tipica di tutta la Scozia, grazie a Malcolm Mackay e alla sua Trilogia di Glasgow (“La morte necessaria di Lewis Winter”, “Come muore un killer”, “Il sangue all’improvviso”) . Come già in Bastardi, i suoi malavitosi, pusher, capobanda e sicari, sono tutti professionisti di mezza tacca, travet del crimine, free lance disillusi e a fine carriera. Ottocento pagine tiratissime, che ci portano a razzo nel clima dei film di Guy Ritchie agli esordi.  Per chi è impazzito per il Brad Pitt di The Snatch!

Un tocco di classico

Usato sicuro? Eleganza vintage? Inediti sorprendenti? Tra riletture e scoperte, è questo il piacere dei classici: libri e autori che questa qualifica hanno dovuto guadagnarsela. E mantenersela negli anni e nei decenni. E allora partiamo subito con un inedito da non perdere. 1943. Sull’Italia cadono le bombe degli alleati e i tedeschi si preparano a smantellare le industrie dell’ex alleato per trasferirle in Germania. Arnoldo Mondadori provvede a mettere in salvo macchinari, documenti e dipendenti, ma nella concitazione non sono poche le cose che vanno smarrite. Ad esempio il manoscritto di un romanzo di Giorgio Scerbanenco, L’isola degli idealisti. Che ricomparso a distanza di decenni viene finalmente pubblicato da La Nave di Teseo. È uno strano romanzo, un po’ giallo tradizionale e un po’ conte philosophique. Ma la scrittura e la capacità di racconto sono già quelle che ameremo nelle prove mature del grande ucraino milanesizzato. E per apprezzare meglio l’inedito ritrovato è davvero impensabile non affiancargli (sempre da La nave di Teseo) Il fabbricante di storie, biografia del grande firmata dalla figlia, Cecilia Scerbanenco, che ripercorre le vicende letterarie come quelle personali del padre. Dai romanzi rosa ai noir, dalla scrittura per le riviste, Zavattini mentore, ai radiodrammi e al cinema, ma anche dalla rivoluzione russa che separa i suoi genitori – lui ucraino, lei italiana – all’arrivo in Italia, prima a Roma e poi a Milano, che sarà la sua città.

Vogliamo risalire ancora più a ritroso? Prima di Scerbanenco c’era un solo “giallista” italiano. O forse un solo giallista che avesse la forza e il coraggio di firmare con il suo nome italiano e non con uno pseudonimo americanizzante: Augusto De Angelis. Centoautori propone in  nuova edizione il primo romanzo poliziesco di De Angelis, il conradiano Robin agente segreto, del 1930. Immersi in una prosa al profumo di Turmac, seguiamo il protagonista in un viaggio in nave, pardon, piroscafo, da Napoli ad Alessandria d’Egitto. Tra ambigui chiromanti e donne da sogno, Ippolito Domiziani, alias John Robinson, agente segreto al servizio di Sua Maestà, avrà il suo bel daffare.

Sempre Centoautori ci riporta ancora più sù nel tempo, alle origini del genere, ai tuttora amatissimi maestri e padri fondatori. È direttamente il direttore editoriale Carmine Treanni a firmare la curatela di Detective, che raccoglie tre racconti di altrettanti mostri sacri: Edgar Allan Poe, con un Auguste Dupin a dir poco fondativo: “I delitti della rue Morgue”,  Arthur Conan Doyle con uno Sherlock Holmes dal fascino inossidabile: “Uno scandalo in Boemia” e Gilbert Keith Chesterton con il suo acuto e arguto Padre Brown, qui alle prese con “Lo strano delitto di John Boulnois”.

Esistono peraltro classici più vicini nel tempo. Ad esempio, giusto in tempo per l’estate,  torna il libreria Nestor Burma, il detective più anarchico di Francia. Fazi Editore, infatti, da qualche anno è impegnato nella pubblicazione dell’opera omnia – sia edita che inedita – del grande maestro del polar Léo Malet. Questa è la volta de Il cadavere ingombrante. In realtà, i cadaveri al centro di questa losca vicenda che coinvolge mondi diversi, sono ben più di uno. Malet ci porta ancora una volta in una Parigi notturna fatta di contraddizioni, ritratta attraverso la lente della sua disincantata ironia.

Brividi eccentrici

Avete tutti presente House of Cards, famosa serie tv con un grande Kevin Spacey prima della caduta. Bene, prima di essere una serie tv americana è stata una altrettanto efferata serie tv britannica, con Westminster al posto del Campidoglio, i taxi neri al posto degli yellow cab e il single malt al posto del bourbon. E prima ancora era una saga in tre volumi scritta da Michael Dobbs.  Dobbs appartiene a quella categoria tipicamente britannica di Tories coltissimi e cinicissimi, eleganti quanto cattivi e capaci di una scrittura di entusiasmante efficacia. Ora, con Il giorno dei Lord (sempre da Fazi Editore) Dobbs inaugura la saga di Harry Jones. Qui siamo più dalle parti di James Bond, con il sequestro di massa di lord parlamentari, casa regnante inglese e famiglia del presidente USA.

Ci voleva invece la classe felpata di Bruno Gambarotta per raccontare il colpo del secolo torinese. 1996, 27 giugno, 8 del mattino. Nella capitale sabauda i funzionari dell’Ufficio Cassa delle Poste aprono i sacchi raccolti il giorno prima nelle diverse filiali. Con la scadenza dell’Ici i sacchi sono pieni fino all’orlo, ma non di soldi, bensì di fumetti e pagine di libri scolastici tagliati nella misura delle banconote da 10.000 e 50.000 lire. Guardie giurate, furgone blindato e due auto di scorta: come, dove e quando sono stai involati i contanti? Quattro insospettabili e la ‘ndrangheta, fughe in Albania e Costarica, due cadaveri nascosti in un noccioleto della Val Susa, pistole del secolo scorso ancora fumanti, playboy di provincia e mogli gelose… In Il colpo degli uomini d’oro (Manni Editori) Gambarotta ricostruisce questa storia vera lavorando sugli articoli della “Stampa”, intervistando avvocati e pubblici ministeri, studiando le carte del processo, ma mettendoci stile, garbo e humour tutti suoi.

Se possibile ancor più felpato, e sornione, Gino Vignali esordisce come romanziere in proprio per Solferino con La chiave di tutto, libro eccentrico già a partire dall’elenco delle vittime del misterioso killer che tiene in scacco la polizia di Rimini: un senzatetto, un etiope, una spogliarellista. La polizia abbozza e passa al contrattacco. Non che le forze dell’ordine siano meno stravaganti. Tra il vicequestore Costanza Confalonieri Bonnet, “la donna più bella mai apparsa in una Questura (calendari compresi)”, l’ispettore latinista Orlando Appicciafuoco, l’assai meno intellettuale vice sovrintendente Emerson Leichen Palmer Balducci e l’agente scelto nonché nerd Cecilia Cortellesi, la squadra tutto parrebbe tranne che di routine. Di suo Rimini ci mette il Grand Hotel e, meno ovvio, la neve. Insomma, per Vignali la scommessa era di far cozzare felicemente Simenon con Achille Campanile. Scommessa vinta e piacere assicurato per il lettore.

Trieste è una città eccentrica di per sé, per collocazione geografica, per ragioni storiche, per multiculturalità, per plurilinguismo, per fedeltà imperialregia e vocazione irredentista. I suoi scrittori, oltre che Magris, Giotti, Saba, si chiamano Schmitz/Svevo, Stuparich, Slataper, Covacich, Einichen. E proprio Veit Einichen, tedesco da vent’anni triestinizzato, ci regala con Ostracismo (e/o) un Conte di Montecristo in salsa di refosco. Aristeides Albanese torna a Trieste dopo diciassette anni di carcere per omicidio. In dodici hanno testimoniato contro di lui. È deciso a rifarsi una vita: aprirà un ristorante con Aahrash, il suo ex compagno di cella pakistano. Ma la sete di vendetta non si estingue. E vendetta sarà. A tavola.

Noir nella storia

Mica ci si uccide solo tra contemporanei. Vero è che il thriller nasce come romanzo pienamente dell’oggi. Agatha Christie, negli anni trenta e quaranta e cinquanta e sessanta, racconta storie che nei trenta e quaranta e cinquanta e sessanta hanno luogo. E lo stesso è per Chandler e Hammett, per Ellroy (che magari ogni tanto guarda qualche decennio più indietro, ma siam già quasi postmoderni) e per Jim Thompson, per Stieg Larsson e per Georges Simenon… finché a qualcuno è venuto in mente di ipotizzare una crime novel ambientata in qualche suggestivo passato, fosse l’impero romano o la corte carolingia, la Grecia di Aristotele o la Germania nazista. In questi anni il giallo storico è diventato un vero genere nel genere, con autori specializzati, grandi successi, ottime prove, lettori fedeli.

I lettori, per dirne una, diventeranno fedelissimi a Giorgio Ballario, dopo che avranno letto Le nebbie di Massaua (Edizioni del Capricorno), strepitoso romanzo ambientato, come i primi tre della saga del maggiore dei carabinieri Morosini, in A.O.I. ossia l’Africa Orientale Italiana. Ossia Somalia ed Eritrea, e dal 1936 Etiopia. Proprio nel 1936 hanno luogo le vicende narrate in Nebbie. C’è dentro tutto l’esotismo e il mistero che noi orfani di Indiana Jones pretendiamo quando si parla di anni Trenta, con in più qualche interessante cameo di personaggi realmente esistiti, come il de Montfreid avventuriero e scrittore tra Gibuti e Aden, amico di Joseph Kessel e spia al soldo degli italiani nella guerra d’Etiopia, o il fascistissimo Mario Gramsci,  fratello minore di Antonio e a sua volta militare in A.O.I. E su tutti aleggia, come un genius loci di importazione,  il ricordo di Arthur Rimbaud, che di lì era passato una quarantina d’anni prima, poeta dimissionario, commerciante di caffè e trafficante di armi.

Salto indietro di pochi anni con il fascinoso Il secondo cavaliere, di Alex Beer (e/o). Vienna 1919. Reduci che chiedono la carità, cadaveri di reduci all’apparenza suicidi in un bosco, reduci entrati in polizia che indagando sulla borsa nera incappano nei reduci forse suicidi. E in mezzo la “spagnola”, le prostitute, i comunisti, i pescecani arricchitisi con la guerra, un mistero legato ad atrocità commesse sul fronte orientale. E Vienna, o meglio quel che resta della capitale di un Impero millenario ridotto a piccolo stato nazionale dal futuro incerto.