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Pareti di cristallo

Barbara Lanati

Quando si scrive nella propria lingua è facile esprimere quello che si vuole dire, ma quando si tratta di tradurre da un’altra lingua il testo di un’altra persona, allora le cose cambiano. Questa operazione richiede uno sforzo notevole, o meglio, come racconta Barbara Lanati, una delle più raffinate traduttrici di letteratura anglo-americana, in Pareti di cristallo, da poco pubblicato da Besa, un gesto d’amore: «Come in amore è necessario abitare lo spazio dell'”altro”, senza invaderlo. Come in amore è necessario rispettare, dell'”altro”, i tempi, i rifiuti, le incertezze, senza mai, se è amore, “cedere”. Tuttavia, come nei rituali di corteggiamento, perché come per l’amore e come l’amore, il lavoro della traduzione obbedisce a regole precise ed è forma di conoscenza. La prima è che ci si interroghi sulla natura di quell’incontro: fino a che punto è stato voluto, fino a che punto è “accaduto”?».
Questo libro è una raccolta di quattro saggi sulle versioni italiane delle opere di Gertrude Stein, Henry James, Angela Carter ed Emily Dickinson. Attraverso gli universi di questi quattro grandi autori, Barbara Lanati mostra molte delle insidie e delle bellezze che si nascondono dietro una traduzione. Ogni parola tradotta racchiude un percorso, un viaggio fatto da tante piccole tappe, dove, in alcuni momenti ci si può lasciare trasportare dalle sue grazie, mentre in altri è necessario muoversi agilmente tra le sue trappole, mantenendo un ostinato rigore e accettando qualche piccola violenza, a volte necessaria.
Pareti di cristallo non è solo un libro sulla traduzione, ma è anche una biografia. Tra un autore e l’altro, Barbara Lanati ci mostra tanti aspetti importanti di quella che è la sua professione, ma soprattutto ci racconta il suo incontro con il mondo della traduzione, e in particolare quel momento in cui è scoccata la prima scintilla: «Cominciò quasi per gioco, quando Beniamino Placido, che dirigeva una collana di poesia e critica letteraria presso la Savelli, avendo letto un mio saggio su Walt Whitman mi chiese di tradurre Emily Dickinson. Fu l’amore per gli opposti che glielo suggerì? Non ebbi allora il coraggio di chiederlo, né tanto meno di farlo oggi. Con l’entusiasmo e l’incoscienza dei giovani accettai la sfida. Lo facessi oggi mi tremerebbero i polsi. Fu di lì che cominciai. Da lei, Emily Dickinson: il primo amore di quel lungo viaggio».
Quando una traduzione prende la strada giusta per iniziare il suo viaggio e, soprattutto, quando è il caso di intraprenderlo, così come si chiede l’autrice nel libro: «Era necessario? Indispensabile? Per quali ragioni si è scelto di incontrare un testo e la storia che porta con sé, cosa ci nasconde, cosa si nasconde in esso? Ciò che più conta è saperlo ascoltare, listening è la prima mossa, ricordava la Stein; ancora: cercare nella storia di ognuno di noi se esistano parole con cui rispondere è, sospetto, la seconda regola. Spesso l’“altro”, il testo che si ha di fronte, impone a sua volta regole precise. Ti tiene lontano. Pone condizioni e ricatti: in quei casi l’incontro sarà non un punto di partenza, ma di arrivo».
Tradurre, quindi, vuol dire anche, per chi lo fa, rovistare un po’ dentro se stessi e mettersi in gioco totalmente: «Fu come scendere in una miniera, – racconta Barbara nel saggio dedicato a Emily Dickinson – scavare, scivolare, cercare la luce per riprendere fiato. La silenziosa signora vestita di bianco era un enigma, e con lei i suoi componimenti. In qualche punto, là in uno di quegli inquietanti corridoi, lungo cui era disegnato il labirinto della sua mente e della sua poesia, era possibile un approdo, là dove ad aguzzi spuntoni di roccia si alternava il luccichio del cristallo. A chi parlava? Alla persona amata, assente, oppure ai suoi contemporanei? Oppure erano animali, forse fiori? Oppure angeli o demoni? Spettri o figure “reali” e silenziose? Chi, cosa stava desiderando la maschera/“persona” dietro cui si nascondeva Emily Dickinson?».
Le parole sono universi silenziosi che si espandono nel tempo, per essere comprese, accolte e colte in tutte le loro sfumature nel momento in cui vengono tradotte. «Le parole e i sintagmi, le frasi e i paragrafi ritraevano prima di tutto se stessi. – racconta l’autrice nel libro – A volte accadevano. A volte erano lì, sulla pagina, soprattutto agli inizi, quando l’operazione di messa a nudo di ciò che la “lingua” era stata non si configurava ancora sulla pagina in maniera così radicale come sarebbe avvenuto in piena maturità. “Accadevano” per raccontare dello sguardo che le aveva guidate».
Per grande fortuna, poi, questo viaggio nella parola da tradurre, nella maggior parte dei casi, va a buon fine, così come racconta l’autrice: «Potenzialmente intatto, l’“altro” approda, riprende forma, respiro anche se indossa abiti che non gli erano familiari. E soprattutto una nuova identità che si sovrappone e coniuga a quella che aveva in origine».
Per entrare nei labirinti verbali e filosofici di un testo, così come sostiene Lanati, il traduttore deve essere armato di coraggio, di umiltà e passione nel senso letterale del termine, ma probabilmente anche di una grande dose di speranza. Come tutti i viaggi e le storie d’amore, anche la traduzione richiede un atto di fiducia necessario: «Quando apri un libro non sai mai cosa ti aspetti. – ammette Lanati – Come in un lungo viaggio di mare. Sai come e quando parti, ma non sai come, quando e se arriverai. E dove. Correnti, burrasche, gorghi e bufere d’acqua possono sempre intralciare o rallentare, o interrompere il viaggio. C’è una sola certezza: non potrai scendere. Puoi solo sperare nella clemenza della natura. Sperare che il viaggio, di libro in libro, di lettura in lettura, sia interminabile».

Pareti di cristallo

Barbara Lanati
BESA MUCI
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Genere:
Listino:
€ 16.00
Collana:
Data Uscita:
31/03/2022
Pagine:
0
Lingua:
EAN:
9788836292530