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Mary

Anne Eekhout

di Giusy Nicosia

Chi sono davvero i mostri? Se non hanno solo le forme di orribili e terrificanti belve, così come ce li immaginiamo da sempre, potremmo averli già incontrati sul nostro cammino senza rendercene conto, oppure potremmo addirittura avergli dato asilo dentro di noi, nutrendoli delle nostre stesse paure.

«C’è una bestia dentro di lei, un mostro. Vuole gridare, vuole lacerarla dall’interno. Vuole essere libero di girare per il mondo e non avere conseguenze perché è privo di coscienza. Non è spaventata, lo riconosce, come se per tutta la sua vita si fosse guardata in uno specchio rotto pensando di vedersi». Quello che si legge tra le pagine di Mary di Anne Eekhout, da poco pubblicato da Neri Pozza, è l’esempio per eccellenza di cosa possa essere un mostro, poiché racconta, anche se in forma romanzata, la vita di Mary Shelley, l’autrice di Frankenstein, uno dei romanzi d’orrore più famosi di tutti i tempi: «Il suo fiato si sentiva in ogni angolo buio, in ogni fessura del pavimento. – si legge ancora nel libro – Ovunque io andassi, c’era. Non era un mostro fiabesco, non era una fiaba. Era la solitudine che provavo senza Isabella. Erano i baci di mia madre che io stessa avevo inventato, la mia tristezza accumulata, i miei sogni di bambina raccolti. Era colui il quale vedeva il futuro, il desiderio più alto e la tristezza più profonda. Ed era più vero di un mostro dietro a una roccia».

La scrittrice olandese ripercorre, attraverso due filoni narrativi che scorrono paralleli, alternandosi di capitolo in capitolo, due momenti importanti dell’esistenza di Mary Shelley: il periodo in cui, da giovanissima, ha vissuto in Scozia, ospite della famiglia Baxter, e il periodo in cui ha soggiornato in Svizzera, in un luogo di villeggiatura sulle sponde del lago di Ginevra, insieme alla sorellastra Claire, all’amato compagno Percy, a John Polidori e al suo caro Albe, il famoso Lord Byron. Il secondo periodo è ambientato nel 1816, “l’anno senza estate”, poiché l’eruzione di un vulcano in Indonesia oscura il cielo in tutto il mondo: tutta la compagnia trascorre le sere di pioggia davanti al fuoco del camino, a bere vino e laudano e a raccontarsi storie di fantasmi.

Mary, nonostante sia con Percy, il suo grande amore, e il piccolo William, nato da poco, è ancora perseguitata dai sensi di colpa per la morte improvvisa della figlioletta Clara, che ogni notte, all’ora delle streghe, la sveglia di soprassalto con l’eco remota di un pianto disperato. Anche la morte di sua madre, che non ha mai davvero conosciuto, così come il ricordo di Isabella, la figlia dei Baxter, l’adorabile creatura dai riccioli scuri e dalla pelle chiarissima conosciuta a Dundee, in Scozia, quattro anni prima, sembrano quasi voler dominare i suoi pensieri, che in fondo non hanno un ordine logico, un inizio o una fine, e in cui è facile perdersi. In questi pensieri “sciolti e insensati, e tuttavia sconvolgenti” è facile andare incontro a: «Un vetro in frantumi, il grido disperato di qualcosa di inimmaginabile, un pesce grande come una nave, il chiaro di luna che filtra dalle fessure, un volto terribilmente spaventoso, un serpente viscido come gelatina che le scivola tra le dita».

Quello che più spaventa sono le esperienze terrificanti vissute: «L’orrore può essere orribile solo se è vero», sentenzia a Mary e Isabella una vecchia signora, prima che entrino dentro un misterioso baraccone che non pare essere di questo mondo. Mary sembra essere destinata a rimanere in un stato di infelicità perenne, sempre lì, al confine tra la vita e la morte, e a sporgersi inevitabilmente sul baratro, sull’orlo di un abisso spaventoso dove potrebbe arrampicarsi ogni genere di mostro: «Esistono, in sostanza, due motivi per essere infelici. – prendono vita così i pensieri di Mary Shelley attraverso la penna audace di Eekhout – Il primo è la morte, ovvio. Sappiamo che tutto, alla fine, è inutile, perché è finito. Sapere che tutto ciò che c’è a un certo punto non ci sarà più rende ogni cosa, per definizione, superflua. Ciò nonostante, la morte di una persona cara viene percepita come una perdita importante. In tale discrepanza risiede il dolore. Questo lei lo sa, così come lo sanno tutti quelli che hanno vissuto. Ed ecco il secondo motivo: la vita. La vita è l’unica cosa che c’è, l’unica che abbiamo, e perciò della massima importanza. E tuttavia soffriamo. Non è la sofferenza del corpo, ma dello spirito. Ogni essere umano nasce con una volontà, che è la forza trainante della sua vita. Ma un essere umano ottiene mai ciò che vuole? In rari casi. E poi? Poi vuole di più. O vuole qualcos’altro. Non esistono persone soddisfatte».

E se la vita, la scintilla misteriosa dell’esistenza, non fosse solo appannaggio di Dio, ma anche o solo dell’essere umano, nel momento in cui diventa scienza? Sono domande come queste che la compagnia si pone davanti al focolare e che iniziano a dare forma, nella mente di Mary, a quell’idea folle e macabra che concede il respiro al mostro, all’incubo più pauroso e inaccettabile, figlio dei più grandi orrori dell’essere umano: «Ribrezzo e desiderio, tenerezza e tormento, coraggio e paura mortale esistono tutti, a volte in contemporanea. – racconta il personaggio di Mary – Le storie sono uno specchio. Ti vedi, ma non sempre come ti eri aspettato. Una storia come uno specchio; non reale, e tuttavia vera».

Anne Eekhout ha vinto il Premio Letteratura Giovani 2020 per il suo terzo romanzo Nicolas e la scomparsa del mondo. Dogma, il suo primo lavoro, è stato nominato per il Bronzen Uil come miglior romanzo d’esordio in lingua olandese ed è stato selezionato per l’ AKO Literature Prize, mentre Op een nacht , il suo secondo romanzo, le è valso una nomination per il BNG Bank Literature Prize. I diritti di traduzione di Mary sono stati venduti a dieci editori internazionali in poche settimane, prima ancora della sua pubblicazione.

Mary

Anne Eekhout
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Genere:
Listino:
€ 19.00
Collana:
Data Uscita:
31/10/2022
Pagine:
0
Lingua:
EAN:
9788854525306