Indietro

L’eternità viene dagli astri

Auguste Blanqui

dettaglio copertina blanqui

di Luca Bonifacio

I casi in cui certi scrittori, per le ragioni più disparate, hanno dovuto vivere nella loro vita un periodo di prigionia sono diversi. Alcuni nella propria cella hanno redatto pure i capolavori della loro carriera, come nel caso del marchese de Sade, di Jean Genet o di Louis-Ferdinand Céline. Fra questi dobbiamo però annoverare anche una figura un po’ ambigua e misconosciuta, soprattutto se il libro fuoriuscito dalla sua prigionia porta l’oscuro quanto emblematico titolo L’eternità viene dagli astri: ora pubblicato da Adelphi e firmato da Auguste Blanqui. 

Ma chi era Louis-Auguste Blanqui? Simbolo della rivoluzione e della lotta ai potenti, “anarchico regolare”, antimonarchico e letterato, fondatore di due giornali, mente e cuore di ciò che sarà la Comune, questo “figlio bastardo dei Lumi” passerà metà della sua turbolenta vita tra le barricate e l’altra metà in prigionia: precisamente quarantatré anni e due mesi, arresti domiciliari ed esilio compresi. Nel 1871, mentre la Comune esplode per le strade parigine, Blanqui è recluso al Castello di Taureau, fortificazione costruita nel Cinquecento sulla Baia di Morlaix, in Bretagna. In carcere non redigerà però un pamphlet politico o un’autobiografia, semmai un trattato cosmologico vestito da racconto filosofico, un saggio astronomico che diventa il racconto dell’origine del mondo. 

L’eternità viene dagli astri è infatti il resoconto di un prigioniero che si è messo a guardare con straordinario stupore gli astri che brillano a distanza dalle sbarre di una cella, da uno spazio e tempo vuoti, bui e senza stelle. È la raccolta di riflessioni e osservazioni che sfociano in un’indagine cosmogonica, attenta e ragionata sull’universo, il personale tentativo di andare al centro del mistero universale navigando in parole quali “infinito” e “indefinito”.  

Davanti a un enigma chiamato “eternità”, Blanqui parte allora dalla costituzione degli astri e dalla vicinanza delle stelle per arrivare a supporre un sistema stello-planetario fondato su infinite ripetizioni, su una copia che si ripete miliardi di volte. Il risultato è un’idea strana, secondo la quale tutti noi saremmo legati ed eterni in ogni secondo della nostra esistenza: così come gli astri. Quella di Blanqui è solo un’idea, o meglio un’ipotesi astronomica come da sottotitolo. Eppure è proprio da quell’idea che un decennio più tardi un filosofo tedesco che risponde al nome di Friedrich Nietzsche svilupperà la tesi dell’eterno ritorno. 

Quello di Blanqui potrebbe essere solo l’ennesimo e assurdo caso di plagio per anticipazione, la mistificazione di un folle, la chiacchiera di un prigioniero solitario con l’infinito. Ma in queste divagazioni che cercano di spiegare l’origine dell’universo ci perdiamo con piacere mentre le comete, o meglio le “nullità chiomate”, viaggiano in “sconosciute solitudini” quasi combattendo guerre apocalittiche, prigioniere incatenate di una “barbara atmosfera”. 

Per raccontare questa “recita della gravitazione e dell’eternità” poco importa allora, come ci dice Blanqui, che mente, scienza e filosofia si fondino in un linguaggio oscuro fatto di ellissi, parabole o iperboli. Tanto più se l’enigma dell’eternità, ovvero “il problema più oscuro”, è affidato esclusivamente a un linguaggio “vuoto, infedele e impotente”, in altre parole aritmetico. Ma per fortuna il saggio di Ottavio Fatica che correda il testo ci racconta al meglio l’influenza che quell’idea e quel linguaggio oscuro di uno strano prigioniero hanno avuto sui posteri: su gente come Friedrich Nietzsche, Walter Benjamin, Jorge Louis Borges.

L'eternità viene dagli astri. Ipotesi astronomica

Auguste Blanqui
ADELPHI EDIZIONI
VAI AL LIBRO
Genere:
Listino:
€ 13.00
Collana:
Data Uscita:
14/11/2023
Pagine:
0
Lingua:
EAN:
9788845938108