Indietro

Grazie per le magnifiche rose

Alberto Arbasino

Alberto Arbasino è morto sei mesi fa, e ancora non ce ne capacitiamo. Adesso, chi ci racconta più di spettacoli inusitati e concerti inenarrabili, di mostre remote e incontri tutti a diverso titolo invidiabili? Chi più ci fa da grillo parlante, e anche un po’ danzante e cantante? Nessuno più, appunto.

Per farci sentire meno soli, Adelphi ci regala allora questo travolgente “romanzo critico” e teatrale, Grazie per le magnifiche rose, cronache e interventi e reportage e comunicazioni d’entusiasmo scelti dal più ponderoso e datato “Materiali Feltrinelli” del 1966.

Si apre il volume e si inizia a correre, appresso a un giovane Arbasino in fuga per i teatri e le sale da concerto di tutto il mondo, scoprendo cose nuovissime, irridendo spettacoli non all’altezza, divertendosi tra trash e camp, tra venerande star a fine corsa, collettivi teatrali già in odor di ’68, sgangherate compagnie di varietà e vaudeville in fin dei conti più avanzate e avanguardistiche di tanti avanguardisti col patentino.

E peraltro, mentre ci racconta di spettacoli da decenni dimenticati, di attori e registi e titoli che perlopiù non ci dicono nulla, di grandi che sembra impossibile qualcuno abbia “davvero” incrociato e incontrato, di attenzioni ed entusiasmi avanti di decenni, Arbasino, come suo solito, ci racconta un mondo, una civiltà, una cultura, lavorando come un antropologo sul campo e usando  gli strumenti offerti dalla sua curiosità e dalla sua incontenibile vis stilistica.