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Futurismo postale. Collezione Echaurren Salaris

Claudia Salaris

Uno dei più inveterati, e in fondo ragionevoli luoghi comuni, vuole le avanguardie novecentesche come reazione “senza se e senza ma” alla modernità industriale e massificata. Tutto vero, ma… tra simbolisti che creano il disegno industriale e la pubblicità (ah, William Morris! ah, D’Annunzio!) e pop artists pasciuti di fumetti e advertising,  dai fumetti e dall’advertising amorosamente ricitati, c’è tutto un ‘900 che non si sottrare né all’industria, né alla comunicazione, né alla massificazione. Per esempio quei dannunziani controvoglia, metallici, elettrici e sintetici, dei futuristi: tra cut-up e calligrammi selvaggi, onomatopee guerresche e chiari di luna messi a morte, trescano con tutte le occasioni e i linguaggi che la modernità più comunicativa, massificante e propagandistica mette a loro disposizione.

Persino l’universo miniaturizzato dell’arte postale diventa terreno di conquista dei futuristi: francobolli, buste, carte intestate, cartoline con fotografie e illustrazioni vedono all’opera grandi e minori. Insomma, nel perseguire il suo sogno ambizioso di una «ricostruzione futurista dell’universo», il movimento fondato da Filippo Tommaso Marinetti non si limita a utilizzare la rete delle poste per inviare in ogni parte del mondo libri, riviste, proclami e diffondere così a largo raggio le proprie idee, ma crea uno stile postale nuovo per concezione e confezione, fatto di sintesi, laconicità, simbologia convenzionale e abbreviativa.

Claudia Salaris, che da storica dell’arte e collezionista, tallona da decenni Marinetti e i suoi accoliti, ha raccolto e raccontato più di 800 pezzi in questo sorprendente e godibilissimo Futurismo postale (Silvana), terzo volume della “Collezione Echaurren Salaris”.