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Dipendenza

Tove Ditlevsen

copertina

di Luca Bonifacio

Da quando Sir Walter Pater teorizzò il manifesto del movimento estetico nei suoi Studi sulla vita del Rinascimento, pochi immaginavano che in tanti ci avrebbero provato, avrebbero parlato, scritto, tentato di fare della propria vita un’opera d’arte e viceversa.

Fra i molti, c’è qualcuno che però fino a poco tempo fa non era ancora stato chiamato a quel gioco – ammesso e non concesso che lo sia –, e quel qualcuno è una voce femminile, oramai di spicco della letteratura danese e internazionale: Tove Irma Margit Ditlevsen.

Dal fondo della Scandinavia, la Fazi Editore è riuscita in questi anni a riportare alla luce il percorso artistico dell’autrice, la sua produzione letteraria e autobiografica, prima con Infanzia, poi con Gioventù, infine con il capitolo che chiude quella che porta il nome di “Trilogia di Copenaghen”: Dipendenza.

In questo nuovo romanzo appena pubblicato dalla casa editrice romana, ci aspetteremmo un titolo come ‘’Età adulta’’, invece ci ritroviamo davanti a una parola rude, che non può che essere confusa con la vita dell’autrice, come la biografia con la finzione.

Perché Tove Ditlevsen è stata una figura tormentata, una scrittrice precoce in un’esistenza precaria, terminata col suicidio a 50 anni, nel 1967.

C’è allora un po’ di secchezza in questa autobiografia, in questa autofiction che prende per la gola. Sì, perché in molti hanno visto stili e modi di scrittura paragonabili a quelli di Annie Ernaux – giocati con cinquant’anni d’anticipo –. Il genere dell’autofiction, poi, gode di strana ambiguità, anche perché è dura capire dove incominci il romanzo di sé stessi e dove finisca la finzione, figuriamoci se poi prende parte anche la memoria.

In Dipendenza siamo nel pieno di questo passaggio sottile, in un nuovo capitolo della vita di Tove Ditlevsen: oramai affermata autrice e poetessa ventenne, moglie di un importante editore molto più grande di lei, una carriera brillante davanti, l’incombere del fallimento che fa da accompagnatore.

Della bambina che desiderava soltanto scrivere poesie all’oscuro del padre in Infanzia, della ragazza sempre più affamata di poesia e a confronto con la libertà nelle sciatte strade di Gioventù, in Dipendenza è rimasta una donna che è fuori posto con la propria età, con la fase di una vita.

Siamo sempre davanti a quello sguardo sensibile, chiaro, semplice, senza possibilità di risposta, caustico, che attraversa la fredda capitale danese abitata da case variopinte, sirene di terra e alcolisti di mare.

Siamo sempre davanti a chi guarda senza timore il proprio ritratto marcito dalla corsa alle passioni, alle amicizie, alle ambizioni, alla libertà, a tutto ciò che per la vita è dotato di senso.

Il testo scandisce allora le chiare lettere del titolo, una dipendenza dall’alcol e dalle droghe nella quale è stato segnato il passaggio da una vita all’altra, il suo logorio. Se però di questo racconto accettassimo veramente la confusione biografica, dovremmo realizzare anche che Tove Ditlevsen ha scritto in vita sette romanzi, dodici raccolte di poesie, nove raccolte di racconti, due libri per ragazzi, quattro memoir e due saggi.

E allora in questo gioco dove la vita diventa arte, l’arte la vita, a Tove Ditlevsen non è mai rimasta altra dipendenza, forse, che scrivere.

A noi invece non rimane che seguire il suo percorso fino alla fine e ricominciare da capo: a leggere non solo la “Trilogia di Copenaghen”, ma la trilogia di Tove Irma Margit Ditlevsen.

Dipendenza

Tove Ditlevsen
FAZI EDITORE
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Genere:
Listino:
€ 15.00
Collana:
Data Uscita:
04/04/2023
Pagine:
0
Lingua:
EAN:
9791259672186