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Civiltà Appennino

Raffaele Nigro, Giuseppe Lupo

E se invece di leggere il paesaggio italiano in orizzontale seguendo l’usuale partizione in Nord, Centro, Sud, lo leggessimo in verticale, secondo un principio “altimetrico”? Scopriremmo ad esempio che per molti aspetti la geografia italiana presenta differenze profonde e somiglianze altrettanto rivelatorie analizzandola per altitudine e non per latitudine. È ’assunto dal quale partono due storici della letteratura come Raffaele Nigro e Giuseppe Lupo per il loro affascinante Civiltà Appennino. L’Italia in verticale tra identità e rappresentazioni in questi giorni in libreria per Donzelli. Man mano saliamo lungo le pendici della colonna vertebrale della nostra penisola, siano le Marche o la Calabria, la Liguria o la Toscana, il Gran Sasso o la dosale Tosco-Emiliana, le differenze sfumano: la natura presenta tratti comuni evidenti e ancor più i segni che l’uomo ha lasciato in questa natura, soluzioni simili a problemi simili che ci permettono in ultima istanza di parlare di una “civiltà Appennino”. E visto il mestiere dei due autori, l’indagine del paradigma appenninico non si limita a indicatori fisici, economici, demografici, ma si inoltra in un mondo di suggestioni debitrici della letteratura, della storia, dell’antropologia e dell’arte.

In questi decenni l’Appennino è stato progressivamente abbandonato, dimenticato e spopolato, dimenticando il suo storco ruolo di zona regolatrice e si confluenza tra le due dorsali tirrenica e adriatica. Nigro e Lupo ci ricordano tutto questo e ci offrono una prima strumentazione per prefigurare un progetto politico, economica, imprenditoriale in grado di riqualificare un’area consegnata alla marginalità.