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Le promesse dei mostri

Donna Haraway

In un periodo in cui il termine “antropocene” ha cominciato ad abbandonare le aule accademiche per entrare nel discorso quotidiano e il tema ambientale ha finalmente iniziato a imporsi all’attenzione mediatica, arriva finalmente in Italia, grazie a DeriveApprodi, uno dei più illuminanti testi sull’argomento mai scritti, Le promesse dei mostri.

L’autrice è Donna Haraway, filosofa, zoologa e docente emerita dell’università di California a Santa Cruz. Tra le principali esponenti del pensiero ecologico e femminista contemporaneo, è nota per essersi dedicata allo studio del rapporto tra scienza, tecnologia e identità di genere e aver elaborato il Manifesto cyborg, nel quale propone il superamento della struttura binaria che contraddistingue il nostro pensiero, con la contrapposizione di categorie quali uomo/donna, natura/cultura, naturale/artificiale.

Le promesse dei mostri, pamphlet per la prima volta nel 1992, ma ancora estremamente attuale, riflette appunto sulla condizione umana a partire dalla definizione di “natura”.

«La natura non è un luogo fisico in cui recarsi, non è un tesoro da custodire o conservare in banca, non è un’essenza da proteggere» ci dice Donna Haraway nella sua introduzione. «La natura non è un testo da decifrarsi in base ai codici della matematica o della biomedicina. Non è l’alterità che offre origine, materie prime e servizi. Né madre né curatrice, né schiava né matrice, la natura non è risorsa o mezzo per la riproduzione dell’uomo. La natura è, strettamente, un luogo comune».

Partendo dalla critica all’idea stessa di natura, considerata un artificio umano, Haraway ripensa al modalità con cui relazionarsi con essa, senza trasformarla in un oggetto concreto. Senza tentare di possederla e finire per danneggiarla.

E, in questo contesto, quali sono le promesse dei mostri di cui ci parla Haraway? L’alterità ibrida, mostruosa, artificiale e aliena ha sempre definito i limiti nell’immaginario occidentale. Proprio per la presenza di queste creature di confine, la filosofa ha sempre considerato il genere fantascientifico il terreno più adatto per riflettere sul mondo. Con il suo breve ma densissimo saggio, ci invita quindi a ripensare alle grandi narrazioni culturali, biologiche ed evolutive e a fare un viaggio «nel ventre del mostro».