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Giapponismo. Venti d’Oriente nell’arte europea 1860 – 1915

A cura di Francesco Parisi

Cultura e cannoniere, un binomio a volte fruttuoso. Pensate che è solo nel 1853/54 che il Giappone si apre alle relazioni internazionali. Una decisione “aiutata” dall’arrivo nella baia di Tokyo della flotta americana comandata dall’ammiraglio Perry.

Il tempo di convincere i giapponesi ad aprirsi alle gioie dell’import-export e l’Esposizione Universale dei Parigi del 1867 segna l’avvio dell’impazzamento europeo per la cultura e l’arte del Sol Levante. Opere d’arte e artigianato, dai ventagli ai dipinti dei più stimati maestri, invadono l’Occidente.

Pittori, scultori, designer europei si votano all’estetica del mondo fluttuante, assumendo modi e moduli dai loro appena scoperti maestri orientali. Anche i grandi, da Monet e Manet a Degas e Van Gogh, passando per le pagine dei fratelli Goncourt o di Marcel Proust e magari per i palcoscenici dei teatri – tra Il Mikado di Gilbert e Sullivan e la Madama Butterfly di Puccini – pagheranno per una lunga stagione il loro tributo ai venerati Katsushita Hokusai, Kitagawa Utamaro, Utagawa Hiroshige, dilagando dai salotti aristocratici alla cultura di massa.

Chi volesse farsene un’idea più da vicino programmi una bella gita a Rovigo, dove a Palazzo Roverella fino al 26 gennaio potrà visitare la bella mostra Giapponismo. Venti d’Oriente nell’arte europea 1860 – 1915. Per i più pigri o lontani, basterà andare in libreria a procurarsi l’ottimo catalogo curato da Francesco Parisi e edito da Silvana.

Numerosi e approfonditi i saggi che ci introducono alle diverse e intrecciate diramazioni del Japonisme, e travolgenti le riproduzioni di opere d’arte, oggetti, stampe di grandi e piccoli emuli europei e degli “originali” giapponesi.