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Atti relativi alla morte di Raymond Roussel

Leonardo Sciascia

Il punto in cui la inesauribile curiosità letteraria di Leonardo Sciascia, a caccia di autori dimenticati o sconosciuti per le collane Sellerio o semplicemente per sé, si incontra con una vocazione di storico isolano, di istoriador siciliano, a caccia ancora di storie molto poco esemplari tra le tantissime offerte dalla sua terra, è un libriccino assai prezioso che si intitola molto proceduralmente Atti relativi alla morte di Raymond Roussel, e Adelphi lo ripropone ora nella sua “Biblioteca minima”.

Autore di libri impossibili come le Impressioni d’Africa, Come ho scritto alcuni dei miei libri, e il capolavoro Locus Solus, Raymond Roussel è un dandy drogatissimo, che muore imbottito di barbiturici in una camera d’albergo nella notte tra il 13 e il 14 luglio del 1933, mentre per le vie di Palermo impazza la doppia festa, per Santa Rosalia, come ogni anno, e per la riuscita della fascistissima trasvolata atlantica della squadra aerea di Italo Balbo. L’albergo è il Grand Hotel et des Palmes, e ci aveva già soggiornato Wagner. Roussel ci si era trasferito da più di un mese in compagnia di una madame Charlotte Fredez, che però viaggiava sotto lo pseudonimo di Dufrène.

Il quesito cui devono rispondere le autorità, e con loro Sciascia, e con Sciascia noi lettori, è se Roussel si sia tolto la vita. Vista la quantità di pillole ingurgitate sembrerebbe non esserci dubbio. Ma il taccuino di madame Fredez / Dufrène rimette tutto in discussione. Sulle pagine del taccuino infatti, la signora appuntava diligentemente, giorno dopo giorno, quali droghe e in che quantità il luciferino scrittore assumesse. Quella del 13 risulta tutto sommato una serata neanche troppo impegnativa sul quel fronte. Sciascia si intigna e scava, cava, tra documenti ingialliti e prove scomparse, piste non seguite e testimonianze distratte… su tutto quel gergo tra il forbito e lo sbirresco, da pretori e questori di buoni studi, si intreccia alla asciuttezza quasi entomologica di Sciascia, mentre sullo sfondo, inattingibile, trascurata, ignorata perché ignota ai solerti funzionari, sta l’oltranza stilistica, la vertigine patafisica del defunto.