Uomini di scena, uomini di libro

Alcuni continuano a ripetere: nel teatro ciò che più conta sono i testi. Non è vero, sono ciò che più rimane. E' barbarie confondere ciò che si conserva di più con ciò che ha maggior valore." “Uomini di scena, uomini di libro” introduce alla letteratura teatrale italiana del Novecento incrociando due prospettive, l’una teorica, l’altra storica. Quest’ultima vede al centro Pirandello, Viviani, De Filippo e Fo: tre uomini di scena che divengono anche uomini di libro, e sopra a tutti un uomo di libroche diventa anche uomo di scena. La prospettiva teorica nega le tesi che vorrebbe il testo letterario drammatico capace di vivere solo nella rappresentazione scenica, o che vedono invece la natura del teatro legato indissolubilmente alla messa in scena dei drammi scritti. La letteratura drammatica appare come un settore dello spazio letterario del teatro: spazio d’oggetti mutanti che comprende tutto ciò che dagli spettacoli rifluisce nella letteratura e dalla letteratura si riversa nel mondo degli spettacoli.