Spettri di Clint

Messo all'indice per la violenza del suo personaggio nella serie dell'ispettore Callaghan, Clint Eastwood è stato celebrato dalla critica solo nel passaggio del secolo. Controcorrente per vocazione e sempre alla ricerca dell'innocenza perduta del Nuovo mondo, diviso tra furia selvaggia di conquista e il sogno americano, il suo cinema ha avuto un'influenza rivoluzionaria fin dal suo esordio, creando scompiglio come un antieroe che capovolge la leggenda del West e riscrive la storia. Clint Eastwood è un fenomeno hollywoodiano: una superstar davanti alla macchina da presa, fin dall'epoca degli spaghetti western, e soprattutto un prolifico regista che si misura con i grandi drammi della storia, senza aderire a estetiche alla moda. Ma Eastwood è anche un professionista anticonformista che «dietro le quinte» protegge, da oltre mezzo secolo, l'indipendenza creativa della sua factory, la casa di produzione Malpaso, alternando progetti personali a successi popolari che hanno riscritto la storia del thriller, del western, della spy story e della commedia. Forse nessuno più di Clint Eastwood ha indagato così in profondità e con tanto disincanto la cultura americana, i suoi miti e i suoi secolari conflitti, l'erotica dinamica dei suoi lavori, la critica della mascolinità, dell'eroismo, del razzismo: in queste pagine, Mariuccia Ciotta e Roberto Silvestri ne scrutano la figura a tutto tondo, soffermandosi anche a creare una sorta di cartografia cinematografica immaginaria ispirata al suo resort, Mission Ranch costruito come una «Estwoodland», dove il cineasta ha voluto realizzare un ambiente artistico perfetto, all'incrocio tra barbarie e civilizzazione, tra wilderness e lounge bar.