
Porto Paolo
Non si tratta di musica a programma, di evocazione di terre assolate bagnate dal miracolo del mare, o di tempeste marine brusche ed improvvise. Si tratta del mio “mare”, dell’acquaticità e della plasticità della materia, che germina in continuazione da un’amalgama di suoni, da impasti che ritornano, da onde simili ma mai uguali, da elementi riportati a galla dalla corrente. Si tratta delle fonti d’acqua d’alta montagna pure e nuove, delle rive abbandonate di fiumi, dell’acqua delle fontane in zone dove non è presente il “mare”. Perché è sotterraneo, imprescindibile, nascosto nell’intimo della terra. La ‘mediterraneità’ è l’impasto timbrico, la melodia, la ripresa di compositori europei, o, appunto, mediterranei. La Francia di Ravel, la Liguria di Scelsi e Zangelmi, il Lazio di Marocchini e Guaccero (fra l’altro di origini pugliesi), la Sicilia di Pennisi: poetiche lontane che popolano il mio personalissimo mediterraneo.