Adelelmo Ruggieri
Nella poesia di Ruggeri la dialettica tra lo scendere e il salire, la dinamica degli opposti, è centrale, tanto che si potrebbe dire che il suo verso è prodotto dal rilascio di una forza (…) oppure che è un movimento di risalita che dà una sorta di finitezza, di precaria durata ad una bellezza fragile e sempre sul punto di svanire. Dopo avere ubbidito alla natura ed essersi affidati a lei, dopo essere entrati nella densità delle cose come per uno sprofondamento, ecco che allora avviene quel qualcosa di miracoloso e allo stesso tempo elementare che è la poesia. Ogni verso è scandito nettamente, una scansione interiore, che non si impone sulla realtà ma che prima di tutto cerca, internamente, di definirsi; un sottile gioco di pesi e di controbilanciamenti, la ricerca di una misura che è nell'ordine stesso della natura. Scandire è per Ruggeri quasi sillabare, e come per il bambino equivale a trovare un significato, che si da lì, in quel momento, per la prima volta. Di questi piccoli prodigi è fatta la poesia di Ruggeri: deviazioni, quasi impercettibili scarti, minimi e grandi avvenimenti, tenerezze, distanze che improvvisamente si colmano, e una grazia che fa dimenticare il lavoro duro di cesello, la tradizione che ha alle spalle e potremmo quasi dire che fa dimenticare di essere scritta: sembra lì, che accade nelle cose. Il pudore e l'attenzione estrema che la muove è lo stesso di chi è consapevole che un minimo gesto può turbare un ecosistema, che un discorso si può fare anche solo con sguardi e sorrisi, e che il tempo, per essere accettato come presente e accolto come memoria ha bisogno di amore, di cure, come un "figlio piccolo", e allora come un bimbo inizierà a parlare. (Franca Mancinelli)