
Pasquale Iorio
La lotta alle mafie è narrazione collettiva, perché la cultura mafiosa isola e colpisce gli avversari lasciati soli, come ricorda Giovanni Falcone lamentando l'isolamento istituzionale. È narrazione perché la stessa cultura mafiosa alligna e prospera nell'omertà, non a caso divenuta parola-simbolo delle mafie nell'immaginario collettivo. È narrazione come quella dei giornalisti dell’“Ora” o di “Radio Aut” di Peppino Impastato, o ancora di Giancarlo Siani del “Mattino” di Napoli, tutti condannati a morte dalle mafie proprio per l'insopportabilità della parola. Narrazione collettiva come doppia sfida alla cultura mafiosa, prima ancora che alle mafie stesse, quella cultura che è, ancora Falcone, «contiguità morale» tra mafia e non-mafia ed è quindi a maggior ragione più insidiosa, se possibile, dell'adesione aperta. Il lavoro di Pasquale Iorio offre tre distinte chiavi di lettura interrelate. La prima è il contenuto stesso del libro; la seconda è la sua narrazione itinerante; la terza è la narrazione sulla narrazione. Tutti e tre modi di leggere che riportano all'idea di narrazione collettiva. Nell'epoca dei “social network” virtuali la tessitura paziente di un reticolo reale di parole e ascolti rappresenta un esperimento straordinario. La costruzione a più voci di questo volume, la multiformità degli spaccati d'osservazione, la ricchezza del dibattito generato e delle intelligenze mobilitate, la varietà dei luoghi delle discussioni e delle generazioni coinvolte, la fatica del narratore itinerante, la mobilitazione degli ospiti e delle istituzioni ospitanti, la convivialità e la buona disposizione al confronto rendono l'esperienza del Sud che resiste visto dagli altri una «buona pratica», sia come contributo alla resistenza contro la cultura mafiosa, sia come restituzione della dignità ad un popolo oppresso, sia, infine, come metodo efficace di produzione collettiva di conoscenza. Tre motivi questi che fanno del lavoro di Pasquale Iorio uno strumento indispensabile.