
Giorgio Bona
«L’aria era inizialmente umida, fredda e grigia, un vento delicato e tiepido giunse a far piazza pulita delle nuvole e il cielo andava assumendo un colore azzurro che invitava alla vita.Mi voltai a guardare oltre il confine ciò che avevano lasciato sulla nostra pista. Mi pareva di vivere un sogno. Non riuscivo neppure a farlo conciliare con la realtà.»Ha la scorza dura il vecchio Pinin Bonaveglia detto “il barba”, ha fatto la grande guerra, ha cercato di tirare a campare arrangiandosi come fanno i poveri cristi, ha sposato Esterina, messo al mondo Nico il Cit, poi è emigrato in Venezuela per unirsi al fratello Necu e lavorare per un fazendero. A Caracas lo aspetta un tragico destino: Necu viene ucciso a colpi di machete dal suocero contrario al matrimonio della bella figlia Mercedes con l’italiano, e Pinin finisce a Cartagena nel carcere Palomo dal quale fugge con l’aiuto del suo datore di lavoro in cambio della buonuscita. Tornato in Italia, a Salbeltrand nella Val di Susa, Pinin non si dà per vinto e tra alterne vicende dolorose – la perdita della moglie, molti affari andati male e continue sopraffazioni dai malviventi del luogo – riesce a vivere del povero patrimonio di una fattoria “spersa tra le montagne”.