
Diego Zúñiga
Camanchaca ci parla della fragilità delle famiglie, dei segreti, delle bugie e dei silenzi che, a volte, sono l'unico legame che le tiene insieme
«Quello che colpisce di più, in questa storia breve, è la grazia del racconto, è il candore con cui questa specie di orfano con genitori vivi vorrebbe salvare i genitori dall'averlo consegnato a una vita con dentro così poco» - Andrea Bajani, la repubblica
«Un romanzo che colpisce in profondità: nonostante la brevità, ha la forza di un pugno ben assestato» - Publishers Weekly
«Diego Zuñiga è l'autore di uno straordinario romanzo d’esordio. Camanchaca è scritto con una prosa austera e laconica, frammentaria come i brandelli attraverso i quali scorgiamo il paesaggio dietro la nebbia» - Patricio Pron
Su una strada che sembra non finire mai, da Santiago del Cile a Tacna, in Perù, un ragazzo goffo e introverso viaggia con suo padre a bordo di un vecchio pick-up per andare a curarsi i denti. Mentre il paesaggio desertico, propizio ai miraggi e alle allucinazioni, scorre dal finestrino il protagonista ricorda e domanda, interroga il padre, riflette sulle risposte della madre rimasta a Santiago, ripensa ai deliri apocalittici del nonno, vaglia le diverse versioni sulla misteriosa scomparsa dello zio Neno e della cugina. Ascolta e registra, più che parlare, e la narrazione sembra emergere dalla camanchaca - una parola intraducibile che fa riferimento a un particolare tipo di nebbia che cala improvvisa sul deserto di Atacama nascondendo ogni cosa - per lasciarci intravedere brandelli di realtà nascosta, ombre e delitti. Con la voce poetica e malinconica di un adolescente Camanchaca ci parla della fragilità delle famiglie, dei segreti, delle bugie e dei silenzi che, a volte, sono l'unico legame che le tiene insieme.