Intervistiamo l’artista Francesco Vezzoli, protagonista di un nuovo volume pubblicato da Skira.
«Il libro rimane pur sempre una grande emozione, è una testimonianza permanente», ci dice Francesco Vezzoli, che abbiamo intervistato in occasione dell’uscita di Diva?, da poco pubblicato da Skira. Con la sua consueta riflessione critica, l’artista torna in libreria con un volume che raccoglie alcuni dei suoi lavori più emblematici, i celebri ritratti ricamati delle star, creando una galleria di volti che attraversa un secolo di cinema, glamour e mitologie contemporanee.
Francesco Vezzoli è uno degli artisti contemporanei più rilevanti sulla scena internazionale, noto per la sua pratica multidisciplinare che spazia dal ricamo alla performance, dal video al cinema documentario. La sua ricerca indaga costantemente le intersezioni tra arte alta e cultura popolare, tra il domestico e il monumentale, creando opere che interrogano il potere delle immagini e delle mitologie collettive.
Nelle opere presenti in questo volume, Vezzoli non celebra ingenuamente il mito della diva, ma lo interroga criticamente. Come ci racconta: «Quando ho presentato per la prima volta i miei ritratti con le lacrime ricamate, il pubblico ha privilegiato l’impatto dell’iconografia del glamour ed è come se un po’ non si fossero accorti che c’era uno squarcio sul dolore o sulla vita privata di questi personaggi pubblici».
Oggi, il paradigma è completamente diverso. Viviamo in un’era dove la complessità e la fragilità delle dive sono esposte completamente, mentre «noi partecipiamo a tutte le vite, dolori e complessità delle dive contemporanee». Dentro questa ricerca sulla memoria storica – che raccoglie figure come Greta Garbo, Sophia Loren, Jacqueline Bisset, Robert Evans – Vezzoli scorge «un aspetto interessante dell’artista: rappresentare una memoria storica».
Il fil rouge della ricerca rimane il cinema del XX secolo. Come sottolinea l’artista, «nessuno storico delle arti visive può negare che il cinema è stata la grande arte del XX secolo», ma ciò che lo affascina non è tanto il valore estetico quanto l’aspetto antropologico: la creazione di uno star system, di una fabbrica di sogni.
La tecnica del ricamo, canonicamente legata al femminile, rappresenta l’operazione concettuale più radicale. Vezzoli la utilizza per raccontare la sessualità, il potere, l’identità, appropriandosi consapevolmente di un linguaggio. «Stavo in qualche modo lavorando sul genere, anche se in una maniera molto indiretta», ammette l’artista, rivelando come la pratica tradizionale diventi strumento di reinterpretazione e resistenza. Il libro non è una celebrazione nostalgica del passato, ma un progetto pensato per generare connessioni e scoperte, anche da parte delle generazioni più giovani.
Potete vedere e ascoltare l’intervista completa nel video qui sopra.

