Il palazzo dei sogni

Rampollo di un’illustre famiglia di grandi servitori dello Stato, Mark-Alem Quprili viene assunto dalla più segreta, potente e terrificante istituzione che si possa immaginare: un organismo preposto a raccogliere fin nelle più sperdute province i sogni di tutta la popolazione, per poi radunarli, vagliarli, classificarli e interpretarli al fine di isolare dei “Sogni-Guida” in grado di annunciare il destino dell’Impero e del suo tiranno. Di quell’inferno in parte dantesco in parte kafkiano e orwelliano, i cui funzionari-dannati hanno l’incarico di drenare l’inconscio collettivo di un intero paese e di passare al setaccio milioni di allegorie e di enigmi notturni, Mark-Alem, passando di cerchio in cerchio, ne raggiunge con fin troppa facilità il vertice, diventando in breve tempo signore assoluto di quel sommo luogo di potere, ossessionato dal timore di venire a propria volta stritolato, prima o poi, dalla burocrazia infernale che dirige. Scritto e pubblicato in Albania quando ancora Kadare non era stato costretto a riparare in Francia, questo romanzo per molti aspetti profetico rappresenta il grido di terrore e sgomento degli imperi orientali allora agonizzanti, uno di quei gridi che lanciano spesso i dormienti incapaci di uscire del tutto dall’incubo che li ha destati di soprassalto. Un incubo, quello originato da “Il palazzo dei sogni”, in cui l’unica speranza sta nel non sognare se stessi. E si può essere forse salvi così, per il momento, ma comunque mai al sicuro.