Marco Corsi
Un canto largo, dunque, che trova il suo centro nella relazione fra scrittura e vita, investigandone le molteplici possibilità di rapporto "tra classico e sperimentazione".
«Corsi passa dal testo in versi alla prosa poetica, dal componimento breve al poemetto, come nel notevole Quetzalcoatl, che gli consente un’irrinunciabile esplorazione a tutto campo, tra presente e civiltà remota, tra l’apparente nitidezza delle cose e un’aperta visionarietà ricca di suggestioni» - Maurizio Cucchi, Robinson
Da Omero a Octavio Paz sono molteplici gli echi letterari che risuonano all'interno di questo libro, da cui affiorano storie e memorie di storie che descrivono vasti continenti di ghiaccio punteggiati da misteriosi pinguini, geografie remote segnate da "parole corrusche e petrose", divinità lontane che simboleggiano l'"eterno ritorno dell'oggi". Ma ciò che contraddistingue in maniera evidente la fisionomia complessiva della raccolta è la costante ricerca di una visionarietà profonda, capace di guidare il lettore in un viaggio antropologico e sentimentale in cui la storia si intreccia con l'esperienza privata, registrando i minimi eventi della vita oppure i mutamenti che caratterizzano l'"evoluzione ordinaria della specie", mentre improvvise accensioni portano alla luce la materia concreta o immaginifica di cui si sostanzia il nostro vivere nei giorni. E in questo percorso la misura più tradizionale dei versi, che pure sfocia nelle articolate costruzioni poematiche riunite nella sezione centrale, cede talora il passo a una prosa radente, catafratta, sempre sostenuta da una forte tensione emotiva e di pensiero.