Andrea Bianconi
Questa frase di Woody Allen sembra adatta a introdurre il progetto editoriale dell’artista Andrea Bianconi, curato dal critico Luca Fiore: Manuale per esercitare la propria stupidità. Non un “libro” perché non ci sono vere e proprie pagine da sfogliare, ma disegni da leggere e idee da praticare. Il formato - quello cartolina, rilegato con spirale – permette di appoggiarlo su un tavolo come un’opera d’arte, di quelle provocatorie e fuori dagli schemi cui ci ha abituati Bianconi artista e performer. E di certo il “metodo Bianconi” è una provocazione, già a partire dall’introduzione: una lista di consigli che non sono dieci come di solito ci si aspetta, ma solo sei, né più né meno, e leggendoli bene, non sono nemmeno consigli perché passano dall’esortazione all’evidenza di alcune situazioni. Ma ci si potrà prendere la libertà di stortare anche la forma della classica “Introduzione” in questo “libro”? Pare di sì, sfogliandolo, perché il diritto di essere, fare e pensare “stupido” emerge qui come uno spazio di libertà, come la sospensione di un obbligo a pensare sempre e comunque a soluzioni pragmatiche, ad azioni precise e conseguenze altrettanto positive e prevedibili. Cosa accade se soffiamo verso un bicchiere poggiato su un tavolo? Se ci facciamo le linguacce allo specchio? Se proviamo a spostare un muro di casa con la forza delle nostre braccia? Se abbaiamo a un cane quando lo incontriamo? Bianconi invita a prendersi il tempo, e la pazienza (uno dei consigli riguarda proprio il potere della pazienza e della determinazione a ripetere senza scoraggiarsi) per far qualcosa che è stupido, ciò libero dalla zavorra dell’utile e del proficuo, del ragguardevole e dell’ammiccante. Di fare qualcosa per cui nessuno può giudicarci se non per quel che siamo in quel momento: degli stupidi, determinati ad esserlo che però vogliono dedicarsi a sé stessi. Con tenacia, pazienza e determinazione.